ANCONA – «Indigna che una donna che denuncia una violenza debba fare i conti con pericolosi e umilianti preconcetti e, anziché sull’autore della violenza, i riflettori vengano puntati sulla vittima di cui si analizza il comportamento, l’aspetto o l’abbigliamento». Interviene a gamba tesa la segretaria regionale di Cgil, Daniela Barbaresi, sull’assoluzione dei due giovani condannati in primo grado per violenza sessuale nei confronti di una ragazza ragazza peruviana. «Da quanto leggiamo – scrivono Cgil, Cisl e Uil in una nota congiunta con la consigliera di parità della provincia di Ancona e con una serie di associazioni – il Collegio Giudicante della Corte di Appello, ha scritto, parlando dell’imputato principale, che “la ragazza neppure piaceva, tanto da averne registrato il numero di cellulare sul proprio telefonino con il nominativo “Vikingo” con allusione a una personalità tutt’altro che femminile quanto piuttosto mascolina”».
Il fatto era accaduto il 9 marzo del 2015 in via Ragusa ad Ancona, zona Piano San Lazzaro. I due J.H.M e L.C.G. furono condannati in primo grado nel luglio 2016, ma poi furono assolti dalla Corte di Appello nel novembre 2017. Una sentenza choc che fa discutere per le motivazioni alla base della decisione, ovvero il giudizio nei confronti della ragazza ritenuta troppo mascolina e quindi, non piacendo non sarebbe stata stuprata.