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Siccità, Stefania Cocco (Univpm): «Persi fino a due metri di suolo per cattiva gestione negli ultimi 70 anni»

La scarsità di piogge che ha segnato l'estate e l'inverno scorso, ha creato una crisi idrica che ha coinvolto anche le Marche. Ne parliamo con la docente dell'Università Politecnica delle Marche

Un inverno con poche piogge e quasi senza neve, seguito da una estate segnata dalle temperature elevate e dalla siccità, hanno aggravato la crisi idrica che per la prima volta ha stretto ai fianchi anche le Marche, un territorio che storicamente non ha mai avuto grandi criticità per carenza d’acqua. E invece in questa calda estate non sono mancati i razionamenti idrici né gli appelli a non sprecare questa importante risorsa, problemi legati «agli errori commessi negli ultimi 50 anni a causa della mancata gestione del primo metro di suolo che ne ha causato il degrado» spiega la professoressa Stefania Cocco, docente di pedologia presso il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali, Area di Scienze del Suolo dell’Università Politecnica delle Marche.

La docente spiega che il suolo ha perso la sua capacità di agire come una spugna e quindi di trattenere l’acqua piovana e di conservarla più a lungo. «Il suolo è andato incontro ad un processo di degradazione – prosegue – diventando più sottile a causa dell’erosionee idrica: negli anni 50 del secolo scorso gli agricoltori avevano a disposizione un metro o piu di suolo, adesso, in qualche caso, ne hanno solo 20 centimetri e il suolo non è più poroso, ma estremamente compatto anche a causa dei macchinari da lavorazione della terra. La cattiva gestione ha poi impoverito il suolo di sostanza organica».

Una serie di criticità che si ripercuotono sulle colture che necessitano di irrigazione di soccorso e sulla vegetazione spontanea sottoposta a stress idrico. Secondo la professoressa Cocco occorre «approfittare degli eventi eccezionali per accumulare l’acqua e poi riutilizzarla in agricoltura, per il verde urbano, i parchi pubblici, nei momenti di carenza. Inoltre, bisogna ripristinare le sistemazioni idraulico-agrarie, come i terrazzamenti (dove ce roccia) e sistemazioni tipiche della collina, che impedivano all’acqua di finire subito in mare. In alcune aree delle Marche, anche due metri di suolo sono stati portati via dall’erosione negli ultimi 50 anni; bisogna considerare che per riformare un centimetro di suolo possono servire anche centinaia di anni. L’Univpm -conclude – da quasi 30 anni studia la pedologia, evidenziando le emergenze e i siti ottimali per ogni tipo di coltura. Abbiamo lavorato per offrire agli agricoltori una vocazionalità del suolo».

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