JESI – La manifestazione nazionale di Roma contro la violenza maschile sulle donne ha visto una folta partecipazione del gruppo “Non una di meno Jesi“.
«Tante le giovani che siamo riuscite a coinvolgere – spiegano le attiviste – di questo siamo orgogliose. Dopo questa esperienza ci metteremo al lavoro per vedere realizzati i progetti che abbiamo in cantiere per l’anno prossimo: spettacoli teatrali, formazione, richieste alle istituzioni». Dopo l’incontro all’Iis Galilei di Jesi, il gruppo di donne farà una richiesta formale al comune di Jesi per chiedere la parità di genere sull’intitolazione delle vie, con particolare attenzione alle donne jesine, e chiederà che all’interno della commissione sulla toponomastica vi siano due rappresentanti femminili. In collaborazione con il Centro Studi Calamandrei, Non una di meno Jesi organizzerà uno spettacolo teatrale per l’educazione e la prevenzione alla violenza di genere coinvolgendo genitori e studenti previsto per il prossimo mese di marzo. Educare alle differenze sarà anche l’obiettivo della collaborazione con il Festival dell’Educazione. Data importante quella del 15 dicembre prossimo alla Casa delle Donne di Jesi, ore 18, dove si incontrerà un coordinamento regionale di donne per dare il via ad un tavolo di confronto con la Regione Marche: «In linea con i dati nazionali – spiegano le attiviste – nelle Marche la legge 194 non si applica, a scapito delle donne. Per questo vogliamo chiedere ala Regione concorsi pubblici per medici non obiettori». All’incontro parteciperanno Udi, Uaar, Associazione Luca Coscioni, Non una di Meno Jesi e altri gruppi da tutta la Regione.
Del gruppo Non una di meno Jesi fa parte anche l’attivista Anahita H. Dowlatabadi, di origini iraniane: «La lingua che si parla in Iran è priva di generi, di articoli determinativi, e quelli indeterminativi presenti non hanno quindi il genere- spiega – Ma “le norme islamiche”, la Sharia, espressa nell’articolo 20 della Costituzione, modifica alquanto la posizione della donna, sono da qui che nascono la maggior parte dei problemi e delle ingiustizie nei confronti delle donne iraniane, legittimando lo strapotere maschile. A mio parere le donne iraniane subiscono una violenza maschile in tanti contesti, in primis dallo Stato e dalle leggi irrispettose della donna, in ambito familiare e sociale. Nelle grandi città però, gradualmente, in questi ultimi decenni, i costumi sono cambiati, e stavolta per merito e in favore delle donne: sempre più informate cercando di entrare nel vivo della società e soprattutto del mondo del lavoro».