Ancona-Osimo

Ancona, l’ordinanza anti bivacco non sarà ripetuta. Silvetti: «Dialogo o sfida politica?»

L'atto del 31 agosto è scaduto il 31 ottobre scorso: dibattito in consiglio comunale tra il primo cittadino e i consiglieri Pesaresi e Rubini

Un accampamento al Passetto, nei mesi scorsi

ANCONA – L’ordinanza anti bivacco e anti degrado del sindaco Daniele Silvetti, andata in vigore il 31 agosto scorso e terminata il 31 ottobre, è finita stamattina, 8 novembre, in consiglio comunale accendendo il dibattito in seguito agli interventi dei consiglieri Carlo Pesaresi e Francesco Rubini che hanno posto un’interrogazione urgente comune allo stesso sindaco per capire se intenda riproporre l’atto. Il sindaco Daniele Silvetti e la giunta l’avevano promessa, la scorsa estate, e l’ordinanza era arrivata puntuale in data 31 agosto scorso con disposizioni in materia di decoro e contrasto al degrado urbano nel centro di Ancona. Riguardava diverse zone cittadine, sostanzialmente tutto il centro dal porto al Passetto, ma anche gli Archi e il Piano. «Aveva un termine di scadenza al 31 ottobre, la famigerata ordinanza che conosciamo – ha attaccato Carlo Pesaresi –, e non risulta essere stata prorogata, dunque si interroga la giunta sui motivi della mancata proroga e si chiede di conoscere quante sanzioni e interventi siano stati eseguiti e si chiede anche di conoscere lo stato dei ricorsi pendenti, ricorsi presentati al Tar da un senzatetto assistito dall’associazione Avvocati di Strada». Sulla vicenda anche le parole di Francesco Rubini: «Chiedo anche, parallelamente a questa ordinanza, quali altre iniziative sul piano sociale siano state messe in campo».

All’interrogazione ha risposto lo stesso sindaco Daniele Silvetti: «Rispondo prima sui numeri: cinque sanzioni relativamente all’ordinanza, zero riscossioni, nessun ricorso sulla sanzione. Ma un ricorso sull’atto amministrativo, cosa abbastanza irrituale. L’ordinanza è stata una fotografia di quel momento, non c’è stata nessuna proroga e non ci sarà nessun altra ordinanza. Riguardava sempre le stesse dieci, dodici persone, già identificate dalla questura, alcuni in attesa di asilo politico, persone cui era stato proposto di poter alloggiare sotto un tetto, con una doccia calda, per qualche mese in attesa di una collocazione più consona e definitiva. Le associazioni si sono sempre sentite in dovere di intervenire, abbiamo avuto due incontri con le stesse associazioni di cui una è poi quella che ha impugnato la delibera. Le associazioni s’erano fatte carico di dover comunicare con i soggetti interessati, visto che è chiaro che i senzatetto non potevano sapere dell’ordinanza. Singolare che poi l’avvocato che era presente all’incontro e una delle associazioni si siano premurati di impugnare l’atto amministrativo. Il dialogo deve essere reciproco. Peraltro mi giunge notizia che il ricorso al Tar sarà dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse. Lo dico con massimo rispetto: mi viene da chiedermi se si vuole dare una mano, trovare il dialogo, o fare una battaglia politica, legittima, certamente, ma almeno uno lo sa. Devo capire se ho davanti associazioni che vogliono veramente assistere queste persone e trovare il dialogo con l’amministrazione, perché il dialogo non si costituisce in questi termini. Ribadisco, non vogliamo riproporre quest’ordinanza, non è un fenomeno diffuso, riguarda una decina di persone che vanno aiutate. Non c’è né impostazione ideologica o politica, ho già specificato che non è il senzatetto a costituire un aspetto indecoroso, va anche a tutela loro il fatto che non debbano dormire sotto al cielo stellato».

Chiara la replica di Pesaresi «Per fortuna in questo Paese è legittimo impugnare gli atti della pubblica amministrazione, quello che emerge dalla sua risposta, non sta certo a me difendere associazioni che si impegnano ogni giorno sulla strada, è che è stata l’ordinanza lo strumento di propaganda politica, non il ricorso delle associazioni. Perché non c’era nessuna emergenzialità, visto che persone erano già note. Sorprende questo attacco al lavoro di chi opera sulla strada e da anni tenta di alleviare qualche fatica. È stata un’ordinanza contro la povertà, evidentemente propagandistica. La sua risposta conferma questa sensazione». Infine le parole di Rubini: «Non voglio entrare nel tecnicismo della delibera, visto che siamo tutti avvocati e rischiamo di trasformare il consiglio in un tribunale. E’ doveroso difendere la legittimità dell’associazione Avvocati di Strada che non da oggi cerca di difendere gli ultimi di questa società, associazione che conosce benissimo le ragioni sociali che costringono queste persone a dormire per strada. I dati riportati dal sindaco dimostrano che, evidentemente, dietro a quell’ordinanza vi erano ragioni politiche che caratterizzano l’orientamento di larga parte di questa maggioranza. C’è un approccio su cui dobbiamo tutti interrogarci e riflettere a fondo, rischiamo di far trasformare problemi sociali in questioni di mero ordine pubblico, la povertà e il disagio sociale in uno strumento di propaganda politica. Sono contento che quest’ordinanza non venga rinnovata e mi auguro che l’interlocuzione di cui io stesso sono stato testimone possa portare a mettere in campo iniziative completamente diverse che siano capaci di mettere al centro questioni sociali, per evitare di trasformare anche questa vicenda in una questione di ordine pubblico».

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