Ancona-Osimo

Ancona, il servizio sanitario nazionale rischia la «tempesta perfetta»

Un convegno alle Muse organizzato da Anaao-Assomed e da Nursind per discutere del definanziamento al sistema sanità e di come intervenire

Il convegno al Ridotto delle Muse

ANCONA – Medici e infermieri al Ridotto delle Muse per discutere di definanziamento del servizio sanitario nazionale e per promuovere insieme i principi di uguaglianza e di universalità che lo caratterizzano. È iniziata una stagione di proteste e scioperi alla quale aderiscono tutti gli operatori coinvolti in sanità, estrema conseguenza «di un dialogo a lungo inascoltato, di un confronto illusorio, di richieste disattese e di provvedimenti punitivi al limite della costituzionalità». Partecipato convegno, stamattina, e una giornata intensa di lavori, organizzata da Anaao-Assomed e da Nursind, per analisi, confronti e proposte con esperti di livello nazionale sui mali e le cure relativi al servizio sanitario pubblico. Vi hanno preso parte Pierino Di Silverio, segretario nazionale Anaao-Assomed, Andrea Bottega, segretario nazionale Nursind, Daniele Fumelli, segretario Marche Anaao-Assomed, Donato Mansueto, segretario Nursind Marche, nonché Simone Pizzi, medico e presidente del consiglio comunale di Ancona, Aldo Salvi, sottosegretario alla presidenza della giunta regionale, il presidente dell’ordine dei medici di Ancona, Fulvio Borromei, e i moderatori Annamaria Frascati, responsabile area formazione Nursind, e Oriano Mercante, medico e sindaco di Camerano. In videocollegamento Nino Cartabellotta, presidente fondazione Gimbe.

«Il problema è organizzativo – ha detto Pierino Di Silverio –, il Covid ha segnato uno spartiacque non solo in termini di quanto il professionista ha dato al sistema e di quanto noi abbiamo capito di essere fallaci, ma è stato uno spartiacque in termini di percezione della cura. Trent’anni fa si curava in acuto, oggi abbiamo la necessità di curare la cronicità e di fare prevenzione. E non siamo pronti. Serve cambiare il modello organizzativo, non solo dell’erogazione di cure, ma anche dei professionisti. Occorre investire, oltre che economicamente, sulle leggi. Dobbiamo andare a ciò che succede prima dell’ospedale per risolvere i problemi dello stesso. Siamo di fronte a una destrutturazione, non è solo e sempre un problema di soldi, è un problema di come i soldi sono investiti. Il Pnrr stanzia fondi per le infrastrutture e non per il personale ma potrebbe essere il punto di partenza per un riscatto, implementando quella medicina territoriale che è alla base delle problematiche che vive l’ospedale. Più del 70% dei ricoveri in ospedale, infatti, sono inappropriati e sono pazienti che andrebbero curati sul territorio. Occorre modificare il paradigma organizzativo, non possiamo continuare a vivere con la percezione di avere il piccolo ospedale con carenze di personale e carenze infrastrutturali sotto casa, dobbiamo trasformare e riconvertire i piccoli ospedali in presidi di prossimità e territoriali e fare in modo, invece, che i grandi e medi ospedali siano incrementati a livello infrastrutturale, tecnologico e di personale».

«Si parla di salvare il servizio sanitario nazionale – ha aggiunto Andrea Bòttega – ma mi chiedo che cosa dobbiamo salvare. Il servizio sanitario nazionale oggi che cosa dà ai cittadini? Liste d’attesa lunghe, le Regioni sono in crisi economica, dopo lo stress test del Covid si sono aperte voragini dal punto di vista economico, c’è un finanziamento della sanità convenzionata che, al contrario di quella pubblica, agisce su programmazione, mentre noi dobbiamo arrabattarci nell’inseguire gli andamenti del momento. La qualità dell’assistenza che forniamo ai cittadini è preoccupante. Gli operatori sanitari sono le prime vittime dell’insofferenza e dell’insoddisfazione generalizzata di chi chiede salute e non le cause del ritardo nelle prestazioni. Eppure gli episodi di cronaca legati ad aggressioni rappresentano una triste consuetudine».

«Questo è il momento di trovare una coralità per raggiungere un obiettivo – ha dichiarato Fulvio Borromei –. L’obiettivo è quello di mantenere questo sistema sanitario nazionale, che è la storia di migliaia di professionisti, di sacrifici, di coloro che si sono ammalati e che sono morti per questo sistema sanitario nazionale. C’è la necessità di cambiare paradigma. Il definanziamento è un elemento strettamente importante ma oggi la carenza maggiore sta nel non apprezzamento del lavoro dei medici e dei professionisti in questo sistema. All’ultimo concorso di medicina generale dove la Regione ha bandito 155 posti per medici di medicina generale se ne sono presentati 81 e di questi il 25% erano medici ospedalieri. Questa sottolineatura mi preoccupa fortemente, mi preoccupa che il 50% dei posti non siano occupati, ma mi preoccupa il disagio professionale dei colleghi affermati che pensano di lasciare il loro lavoro per farne un altro pensando di trovare una situazione migliore. Le soluzioni non sono facili, soluzioni come quelle dei gettonisti sono state deflagranti, destabilizzanti. Questo perché nelle nostre procedure di bilancio il costo del personale è inattaccabile mentre su beni e servizi si possono aggiungere risorse in più. Il nuovo paradigma è: guardiamo i professionisti, guardiamo i medici e gli infermieri tutti, perché sono loro che rappresentano il patrimonio e la risorsa, se le risorse economiche le troviamo per beni e servizi, allora possiamo anche aumentare il capitolo relativo al costo del personale. I nostri professionisti migrano nei Paesi limitrofi, non a Dubai, ma in Francia, in Germania, in Inghilterra. Il sistema può cadere e la stragrande maggioranza di noi non lo vuole, questo è il nostro patrimonio, invito le rappresentanze politiche di farsi carico in maniera straordinaria di un’emergenza che poi potrebbe portare alla tempesta perfetta».

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