ANCONA – Studiare percorsi di inserimento lavorativo per i minori non accompagnati ospitati nelle comunità delle Marche, per favorirne l’integrazione e l’autonomia al raggiungimento della maggiore età. E’ questa la priorità evidenziata dal Garante dei Diritti di Adulti e Bambini Andrea Nobili, insieme alla necessità di creare percorsi di ricongiungimento con familiari e punti di riferimento negli altri paesi europei.
Una situazione che emerge con forza dal Report 2018 sull’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati nelle Marche presentato questa mattina, venerdì 27 luglio, nel corso di una conferenza stampa tenutasi a Palazzo delle Marche. Presenti, oltre al Garante Andrea Nobili, il presidente del Consiglio Regionale Antonio Mastrovincenzo, il Vice Prefetto Vicario di Ancona Clemente di Nuzzo, il presidente di del Coordinamento Comunità d’Accoglienza Andrea Marangoni, il responsabile del Servizio Politiche sociali della Regione Marche Giovanni Santarelli e il presidente della Commissione Sanità della Regione Marche Fabrizio Volpini. Ha partecipato in veste di uditore anche Gianni Maggi,il consigliere regionale e capogruppo del Movimento 5 Stelle.
«Occorre comprendere il progetto migratorio dei minori stranieri non accompagnati ospitati nelle comunità delle Marche, per capire se vogliono restare in Italia o ricongiungersi con i loro riferimenti» nei paesi del nord Europa, ha detto il Garante Andrea Nobili.
Oltre il 90% di questi minori ha un’età compresa tra i 16 e i 18 anni. Vicini al compimento della maggiore età questi ragazzi fanno fatica ad integrarsi, e si trovano in difficoltà nella fase di “sgancio” dalle Comunità dove erano ospiti. Un momento molto particolare che pone i ragazzi di fronte ad «una situazione molto impegnativa, dal momento che vengono meno le misure di accoglienza – sottolineato il Garante Andrea Nobili – La maggior parte di questi ragazzi quando non viene accolta nel sistema di protezione internazionale non ha titolo per rimanere nel nostro paese. Va tenuto conto il fatto che tanti di loro vorrebbero ricongiungersi ai familiari, ai punti di riferimento che sono negli altri paesi europei e quindi occorre pensare a strumenti che favoriscano il ricongiungimento con queste persone, così come avviare dei percorsi di inserimento lavorativo che consentano loro dei percorsi di effettiva integrazione».
Una fase, quella di “sgancio”, che avviene attraverso percorsi di uscita sostenibili, con azioni avviate già due o tre mesi prima del compimento della maggiore età. Sono poco più della metà, però, le comunità che mantengono rapporti con i ragazzi dimessi, lasciando aperti numerosi interrogativi sul destino di tanti minori.
«I minori stranieri meritano tutta la nostra attenzione, nelle diverse fasi della loro permanenza sul territorio e soprattutto in quella del cosiddetto sgancio una volta raggiunta la maggiore età – ha detto il Presidente del Consiglio Regionale Mastrovincenzo – Dobbiamo lavorare insieme per garantire a questi ragazzi il miglior approccio alla società che li attende, anche sotto il profilo lavorativo, e la possibilità di un eventuale ricongiungimento con le famiglie di origine».
Una situazione molto particolare specie per i ragazzi che vorrebbero ricongiungersi ai loro familiari all’estero e che «si trovano, però, chiusa la possibilità di re location europea, che consenta di effettuare il viaggio in una situazione protetta. Vivono il collocamento in comunità come una costrizione ed appena possono cercano di proseguire il viaggio mettendosi nelle mani di trafficanti, esponendosi così a rischi concreti. Pesa l’assenza di un sistema europeo di protezione», ha detto il Garante, che ha anche invitato a riflettere «sull’irrazionalità di una protezione che, per molti ragazzi, cessa al compimento della maggiore età. Il rischio è quello di un’accoglienza che nella maggior parte dei casi dura pochi mesi e non garantisce un effettivo percorso d’integrazione».
Intanto nel prossimo autunno partirà la terza serie di corsi, promossa sempre dal Garante, per la formazione dei tutori volontari di minori stranieri non accompagnati.
Nobili ha anche rinnovato «l’impegno di una rete istituzionale e sociale che cerca di affrontare con competenza ed umanità, una sfida che misura i valori civili di un territorio».
Una giornata di riflessione su un tema molto importante, ha spiegato Fabrizio Volpini, anche alla luce del nuovo Piano Socio Sanitario Regionale: «E’ importante avere questi dati – ha detto – per cercare di mettere in campo una serie di strumenti amministrativi volti a dare quelle risposte che possono aiutare le Comunità e gli operatori nella gestione di questo fenomeno».
«In questo periodo storico trattare temi come l’immigrazione ha una grande significato – ha sottolineato Volpini – c’è una parte di questo paese che ancora resiste sul piano dell’umanità».
I DATI DEL REPORT
Dal Report è emerso che sono 205 i minori stranieri non accompagnati ospitati al 30 giugno 2018 in 45 delle 66 Comunità di Accoglienza delle Marche, dislocate soprattutto nella provincia di Pesaro-Urbino (19), seguita da Fermo (9), Ancona (7), Macerata (6) e Ascoli Piceno (4), per un totale di 235 posti su 670 disponibili. La maggior parte dei ragazzi viene dall’Albania, gli altri da Pakistan, Senegal, Egitto, Gambia e Nigeria. Il 67% di loro ha 17 anni, i sedicenni costituiscono poco meno di un terzo del totale, mentre il 4,9% ha 15 anni ed il 6,9% rientra nelle altre fasce d’età. Nel 2017 sono transitati nelle comunità di accoglienza 374 minori, con un numero di dimissioni pari a 354.
LE COMUNITA’
Sul versante del personale che opera nelle comunità, si ha una stima pari a 510 unità diversamente distribuite, con un minimo di 2 ed un massimo di 46 per ciascuna struttura. La presenza maggiormente rappresentativa riguarda il settore degli educatori, con il coinvolgimento di assistenti sociali, mediatori culturali, insegnanti ed animatori (58%). Risulta basso, comunque, il numero degli stessi mediatori per un totale di 24 in tutte le strutture prese in esame. Altro settore quello sanitario con medici, psicologi, infermieri e, in minima parte, psichiatri (13%). I principali interventi proposti riguardano l’alfabetizzazione, le attività ludico – ricreative, la formazione lavoro, il sostegno psicologico, attraverso la messa in essere del Pei (Programma Educativo Individualizzato).