ANCONA – «Ci preme che il progetto del Gestore Unico dei Rifiuti della provincia di Ancona sia a favore dell’ambiente e dei cittadini e che, inoltre, si occupi anche di recupero del rifiuto, riuso e riciclo, chiudendo così il cerchio dell’economia circolare» Così, in una nota stampa diffusa oggi, Angela Gambella, presidente del Gre, il Gruppo di ricerca ecologica delle Marche.
Gambella fa notare come «l’associazione che rappresento non si accontenta di denunciare l’attuale progetto del Gestore Unico, che – secondo il Gre – fa acqua da tutte le parti. Come associazione ambientalista, ci siamo avvalsi della collaborazione del dottor Emanuele Quercetti, consapevoli che il suo è un contributo tecnico indispensabile, per ottenere risultati corretti nel rispetto dell’ambiente e vogliamo proporre un effettivo ciclo integrato dei rifiuti, a partire dall’aspetto ambientale per concludere con quello economico».
Gambella, insomma, spiega come sia «necessario non solo che gli impianti di recupero e riuso delle frazioni differenziate siano costruiti, ma è anzi indispensabile che siano costruiti bene, altrimenti il rischio è quello di avere un danno ambientale ed economico».
«Per minimizzare l’impatto ambientale – secondo il Gre – è necessario che la quota di riciclo e riuso sia sempre maggiore e che gli impianti di trasformazione del rifiuto in materia prima seconda (o, se preferite, impianti di End of Waste), siano nel territorio stesso di produzione per evitare viaggi di camion pieni di rifiuti che si spostano anche a km 400 dalla nostra provincia (ad esempio, Montello dista 457 chilometri da Ancona) con il conseguente inquinamento dovuto ai loro viaggi».
«Con le nuove direttive comunitarie sull’economia circolare ed in particolare con la Direttiva 2018/851/CE, saremo correttamente obbligati a riciclare (e non soltanto raccogliere) entro il 2025 almeno il 55% dei rifiuti urbani (60% entro il 2030 e 65% entro il 2035); inoltre, per quel che riguarda le discariche, il pacchetto Ue limita la quota di rifiuti urbani da smaltire a un massimo del 10% entro il 2035 (discariche zero è l’obiettivo finale)».
In parole povere, «possiamo dividere in due tipologie gli impianti di trattamento dei rifiuti necessari. Da una parte, gli impianti di valorizzazione, che trasformano il rifiuto in materia prima seconda (end of waste) che viene re-immessa sul mercato. Dall’altra, gli impianti di smaltimento: termovalorizzatori e discariche. Mentre il termovalorizzatore recupera energia, il rifiuto che viene conferito in discarica non potrà mai più essere recuperato, con i conseguenti danni ambientali ed economici».
Il focus, quindi su Ancona: «La situazione impiantistica attuale in provincia di Ancona è la seguente, secondo fonti Ispra: gli impianti di compostaggio dei rifiuti si trovano a Osimo e Senigallia, gli impianti di trattamento meccanico biologico a Corinaldo, le discariche per rifiuti non pericolosi che smaltiscono “Ru” (rifiuti urbani, ndr) a Corinaldo e Maiolati Spontini. Non ci sono ancora impianti di biodigestione della FORSU (o umido che dir si voglia). Pensate ora – spiega la presidente del Gre – all’impatto di avere (o non avere) un biodigestore per la provincia di Ancona. Ad oggi noi conferiamo la nostra FORSU in Romagna (principalmente a Sogliano) al costo di circa 135-140€/tonn (pensate che con l’ammendante ricavato dalla nostra frazione umida generano e vendono fertilizzanti per l’agricoltura biologica)».
«I conferimenti della frazione organica (in gergo FORSU, che sarebbe l’umido, ndr) della provincia di Ancona nel 2019 sono stati pari a 70.633,9 tonnellate, un impianto localizzato in provincia prevede costi pari a € 75/tonn (si veda il progetto di Jesi del 2018 mai voluto realizzare), il risparmio, dunque, per i cittadini della provincia sarebbe stato superiore ai quattro milioni di euro all’anno, senza contare i ricavi della vendita di biometano e fertilizzanti».
Ma cosa è stato fatto finora, chiediamo a Gambella? «Beh – risponde – ad oggi è stato solamente realizzato il biodigestore a Casine d’Ostra. Non v’è dubbio che tale impianto sia necessario, o che anche alcuni costi verranno abbattuti, ma alcune riflessioni vanno fatte e sono in linea con quelle fatte qualche mese fa sul gestore unico e cioè che le cose vanno fatte, ma vanno fatte bene».
Poi, rincara la dose: «Innanzitutto, il costo: 26 milioni di euro per trattare 32.500 tonn/anno è troppo rispetto ai biodigestori che con le stesse tecnologie trattano 70.000 tonn/anno e che costano circa 30/35 milioni. Tale costo è purtroppo giustificato dal fatto che, essendo stato costruito su terreno alluvionale, si sono rese necessarie opere costose di messa in sicurezza che si potevano evitare costruendolo in altro sito più adatto alle caratteristiche di un biodigestore. Bisognerà dunque capire il ritorno economico di tale investimento».
Quindi, le domande del GRE: «Perché un impianto di così ridotte dimensioni? Forse, saremo costretti a costruirne un altro per soddisfare tutto il fabbisogno, ma due biodigestori da 32.500 tonn/anno costano di più di uno da 70.000; con quali fondi verrà realizzato?». E ancora: «Sono già state fatte le convenzioni per poter conferire in tale impianto? La FORSU sarà tutta quella conferita dalla provincia di Ancona o verrà da fuori? Visto che l’impianto potrà soddisfare solo il 46% della produzione di FORSU, quali saranno i criteri di conferimento? Quali saranno i Comuni che potranno conferire e quali invece dovranno continuare ad utilizzare gli impianti romagnoli sostenendo costi maggiori?».
«A noi – conclude Gambella – piacciono le cose fatte bene, bisogna utilizzare un criterio ambientale e poi economico, al servizio dei cittadini. Sarebbe auspicabile che l’ATA2 (e gli altri organi istituzionali) continuassero a servirsi di professionisti di alto livello, tanto da portare oltre al risparmio economico per le tasse pubbliche, un impegno concreto per non sperperare denaro pubblico. Le nostre idee sono tante, noi ci poniamo al servizio della comunità».