ANCONA – Per l’alluvione di Senigallia andranno tutti a processo ma solo per il reato di inondazione colposa. Causa prescrizione sono cadute molte accuse e la gup del tribunale de L’Aquila, Guendalina Buccella, ha prosciolto i due ex sindaci Luana Angeloni e Maurizio Mangialardi (attualmente capogruppo Pd in Regione) e altri sei imputati dalla maggior parte delle accuse che erano, a vario titolo, per i reati di omicidio colposo, lesioni, omissione di atti di ufficio e falso.
Per l’unico capo di imputazione riconosciuto il processo si aprirà il prossimo 9 giugno al tribunale abruzzese. La competenza de L’Aquila era arrivata dopo l’ennesimo colpo di scena del 1° dicembre di due anni fa quando durante l’apertura del dibattimento, gli avvocati degli imputati, avevano presentato una eccezione sulla incompatibilità del distretto appellandosi all’articolo 11 del codice di procedura penale che prevede di spostare la competenza in un tribunale diverso da quello dove esercita un giudice che è rimasto danneggiato dai fatti oggetto del processo.
Un giudice del tribunale di Ancona infatti era tra gli alluvionati e aveva subito danni (solo in parte risarciti) per una casa a Senigallia di sua proprietà. L’eccezione sollevata era stata accolta dal collegio penale presieduto dal giudice Edi Ragaglia che si eradetto incompatibile inviando tutto al distretto competente più vicino che per Ancona è L’Aquila. Questa mattina c’è stata l’udienza preliminare. Ad affrontare il processo per inondazione colposa saranno, oltre ai due ex primi cittadini, anche il comandante dei vigili urbani Flavio Brunaccioni, Gianni Roccato dell’ufficio tecnico del Comune, l’ex dirigente della Provincia Massimo Sbriscia, il presidente dell’Autorità di bacino Mario Smargiasso, l’ingegnere Alessandro Mancinelli, consulente del Comune e Libero Principi, funzionario Lavori Pubblici della Regione.
A chiedere il proscioglimento per i capi di accusa poi accolti è stata anche la stessa Procura oggi, relativi ai reati ipotizzati e legati al percorrimisa, il percorso ciclopedonale di 13 chilometri che passa a fianco del fiume poi esondato nell’alluvione del 3 maggio del 2014 (ci furono quattro morti e molti danni). Qui si ipotizzava l’abuso di ufficio. La gup ha dichiarato il non luogo a procedere anche per questo perché “il fatto non previsto dalla legge come reato”. Non c’era il dolo e ha ritenuto inimmaginabile che dei pubblici amministratori approvino volontariamente una opera pubblica ai danni della città.
«Dopo 8 anni di processi finalmente si arriva alla verità – commenta l’avvocato Marina Magistrelli, difensore dell’ex sindaco Mangialardi -. Purtroppo la lunghezza del processo non ci darà la possibilità su tutto di dimostrare le false accuse fatte contro il Comune e contro il sindaco per l’alluvione. È assolutamente indicativo che persino la Procura dell’Aquila, e quindi la Pubblica Accusa, abbia chiesto in udienza, il proscioglimento per un reato contestato a Mangialardi (l’abuso d’ufficio, ndr).
Adesso a giugno si discuterà solo di un reato colposo perché il resto è prescritto. Avrei preferito discutere tutto ma prendiamo atto che la legge italiana, almeno in parte, è stata applicata». In udienza a L’Aquila per Mangialardi oggi era presente l’avvocato Monica Clementi dello studio Magistrelli.
«Sono soddisfatto che è stata riconosciuta l’insussistenza del reato per il PercorriMisa – dice l’avvocato Massimiliano Belli, difensore dell’ingegnere Roccato – il processo che si aprirà a giugno consentirà di accertare che non ci sono responsabilità per il mio assistito».
Per l’avvocato Corrado Canafoglia, che tutela 380 parti civili, «il giudice ha disposto il non luogo a procedere per il reato di abuso di ufficio per i fatti relativi al PercorriMisa posto che nel frattempo è intervenuta una modifica della legge che ha ristretto l’ambito dell’illecito penale». «Per la pesante accusa di inondazione – continua Canafoglia – gli imputati rischiano una condanna alla reclusione compresa tra i 5 ed i 12 anni».