ANCONA – Colle San Marco, Pozza e Umito, nell’ascolano, Vestignano e Montalto di Cessapalombo, nel maceratese, il Monte San Vicino, e poi i cantieri navali di Ancona e l’area di Arcevia, nell’anconetano, fino alla Linea Gotica, nel Pesarese. Sono alcuni dei luoghi simbolo della Resistenza nelle Marche, ‘monumenti viventi’ che ancora oggi raccontano la storia di quegli anni.
La Festa della Liberazione, che si celebra ogni anno il 25 Aprile, commemora la liberazione dell’Italia dal nazifascismo, con la fine dell’occupazione nazista e la caduta del fascismo, una festa nazionale, simbolo della Resistenza, della lotta partigiana condotta dall’8 settembre 1943 fino al termine della guerra, che non avvenne il 25 aprile. La data infatti è un giorno simbolico che è stato scelto perché proprio in questa data iniziò la ritirata dei tedeschi e dei soldati della Repubblica di Salò da Milano e Torino, dopo lo sfondamento della Linea Gotica da parte degli alleati e grazie all’azione della Resistenza. Ma è anche la data di avvio dell’Insurrezione.
Un anniversario, quello del 25 aprile, verso il quale «ci si dovrebbe porre con un atteggiamento di festa» dice lo storico e saggista Matteo Petracci, cultore di Storia Contemporanea presso la Scuola di giurisprudenza dell’Università di Camerino, con un dottorato di ricerca in Storia, politica e istituzioni dell’area euro-mediterranea nell’età contemporanea presso l‘Università di Macerata.
Membro del Comitato scientifico dell’Istituto Storia Marche – Centro studi di Storia, guida naturalistica, ambientale ed escursionistica, Petracci con il progetto “Girastorie racconti in cammino” organizza visite didattiche ai campi di prigionia o ad altri luoghi, come sedi di gruppi di partigiani, per le scolaresche delle primarie e secondarie di primo grado e secondo grado delle Marche con approfondimento sulla Seconda guerra mondiale e sulla Resistenza.
«Le giovani generazioni possono trarre dall’esperienza storica della Resistenza moltissimo» spiega, «per vivere il presente con un maggior protagonismo» guardando alle battaglie condotte ad esempio dalle donne per il diritto al voto e da quelle dei contadini per acquisire una soggettività storica, una memoria che ancora oggi «costituisce un importante esempio».
«L’antifascismo – prosegue – ancora oggi rappresenta un valore costituente dal quale sono nate le premesse per l’attuale democrazia. L’antifascismo ha posto fine alla dittatura e non è un caso che la Costituzione riaffermi in positivo ciò che il fascismo aveva negato come la libertà di espressione, di manifestazione, di stampa». Con il venir meno dei testimoni dell’epoca, proprio i luoghi simbolo di queste battaglie sono importanti per tenere viva la memoria storica del Paese, divengono loro stessi testimoni di quello che fu.
«La memoria storica che permette di orientarci nel presente facendo fede sulle esperienze vissute nel passato», un passato che ancora oggi riecheggia nei sentieri percorsi dai partigiani, nei luoghi che furono teatro di eccidi e di battaglie, siti monumentali che tramandano quei «valori costituzionali e del vivere civile» così fondamentali nell’educazione delle giovani generazioni.