ANCONA – Tanti auguri tv a colori! Il 26 agosto di 50 anni fa la storica ˈSignorina buonaseraˈ della Rai, l’anconetana Rosanna Vaudetti, annunciava la tv a colori. Un annuncio di 18 secondi andato in onda dagli studi televisivi Rai, al primo piano di via Teulada, a Roma.
«Signore e signori, buon pomeriggio. Ci colleghiamo in Eurovisione con Monaco di Baviera per la telecronaca di apertura dei giochi della ventesima Olimpiade. Telecronisti: Paolo Valenti e Paolo Rosi. La trasmissione viene diffusa su tutt’e due i canali. Sul secondo, a titolo sperimentale, anche a colori, con il sistema Pal».
Queste le parole che pronunciò Rosanna Vaudetti alle 15.50 del 26 agosto 1972, esattamente cinquant’anni fa. L’abbiamo intervistata dal suo attico di Ancona, dove ama trascorrere le vacanze estive.
Signora Vaudetti, quel 26 agosto 1972 lei fece la storia…
«Annunciai le Olimpiadi di Monaco».
In quel periodo, era in Olanda a condurre Giochi senza frontiere…
«Sì, lessi casualmente sul giornale che stavano provinando per la tv a colori, ma ero all’estero e nessuno mi chiamò. Telefonai in Rai per avere spiegazioni».
Quanta determinazione…
«Io facevo l’annunciatrice: chi dovevano chiamare, se non me? Mica potevo fare la Cenerentola della situazione, che tutti vanno al ballo e io no (ride, ndr)».
E come finì?
«Che mi fissarono un provino per il giorno dopo la fine della trasmissione dall’Olanda. Rientrai in Italia e alle 10 ero a Roma, con le colleghe, ai provini».
Scelsero lei…
«Sì. Venni a sapere solo in seguito che in Rai decisero per una sola annunciatrice per tutto il periodo sperimentale a colori».
Era consapevole di passare alla storia?
«Macché, all’epoca non mi rendevo conto. Ma comunque non fu tutto così facile, eh».
Si spieghi…
«L’arrivo del colore nelle case non fu facile. Era un periodo politico particolare, alcuni partiti non volevano i colori perché le tv erano troppo care. Dall’altra parte, però, Andreotti ascoltava le esigenze degli industriali che premevano per il colore, già trasmesso in tutta Europa. Così, fecero un colpo di mano e decisero che solo il secondo canale avrebbe trasmesso a colori».
Ripercorriamo quel periodo: che aria si respirava nel 1972?
«Eravamo contenti per l’inizio della nuova era della tv. Quella in bianco e nero era una tv dell’immaginazione, questa a colori era una tv reale. Sono felice di esserne stata la protagonista, fu una rivoluzione. Un po’ come il passaggio dal muto al sonoro del cinema».
Cosa indossava quel 26 agosto?
«Lasciamo perdere (ride, ndr). Fino al giorno prima, nessuno mi disse cosa mettere. Poi, mi dissero di indossare qualcosa color pastello, sul bianco, che era la vera novità. Fino a quel momento, infatti, si trasmetteva in scala di grigio».
E…?
«E chiesi alla stilista Mirella Di Lazzaro, che mi prestò un tailleur di seta. Indossai solo la parte superiore per non rovinarlo. Nessuno si sarebbe accorto che sotto avevo i pantaloni, dato che andavo in onda a mezzo busto».
E invece qualcuno si accorse, vero?
«Sì, i vertici Rai avevano organizzato un ricevimento alla sede centrale di viale Mazzini. Brindavano, guardandomi in bassa frequenza, a figura intera. A saperlo, avrei messo pure i tacchi».
E fu così che diventò la prima annunciatrice a colori…
«No, la prima annunciatrice del colore (scherza, ndr)».
Dove si trova oggi il tailleur?
«L’ho donato al Museo della tv e della radio Rai di Torino. Lo esporranno alle 15.50 di oggi, l’ora dell’annuncio».
E la Di Lazzaro?
«Purtroppo, è morta. Ma vorrei far sapere ai figli, Simonetta e Mario, che il tailleur della loro mamma (il primo della tv a colori) è in un museo».
Un museo che unisce pure lei e suo marito, l’avvocato e regista Antonio Moretti…
«Sì, una parte del museo è dedicata al primo festival di Sanremo a colori. La regia fu proprio di Antonio».
Uno scherzo del destino, non trova?
«Sì, molto romantico. E tra l’altro, la parete del museo dietro l’abito con le stelline è dipinta con gli astri, tipo il vestito».
Aggiungo che se non avesse letto il giornale dall’Olanda forse non sarebbe stata lei la prima annunciatrice a colori…
«Esatto. E se mi fossi arrabbiata, o se non avessi chiamato in Rai, non staremmo qui a parlare».
Quindi, ci crede nel destino?
«Sì, ma bisogna metterci del nostro nella vita».