ANCONA – Nei giorni scorsi l’Eurocamera ha dato il via libera all’AI Act, si tratta delle prime norme al mondo il cui obiettivo è quello di regolamentare l’Intelligenza Artificiale, una tecnologia che sta già mostrando il suo impatto rivoluzionario. Un tema, quello dell’AI, che è entrato in maniera prepotente al centro del dibattito, e che sarà discusso anche in occasione del B7, l’Engagement Group per il mondo delle imprese, che si terrà nella cornice del G7 presieduto dall’Italia. Ne parliamo con il professor Domenico Ursino, professore ordinario di Sistemi di elaborazione delle informazioni presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università Politecnica delle Marche.
Come giudica questo impianto normativo? «L’AI Act è il primo regolamento al mondo dedicato all’Intelligenza Artificiale. In esso sono presenti norme volte a disciplinare l’attività dei sistemi di Intelligenza Artificiale. In particolare, vengono vietati i sistemi di identificazione biometrica remota, i sistemi di categorizzazione biometrica basati su genere, razza, etnia, cittadinanza, religione e credo politico, i sistemi di polizia predittiva, i sistemi di riconoscimento delle emozioni, e l’estrazione non mirata di dati biometrici da Internet o da video di telecamere a circuito chiuso.
A mio avviso, già l’elenco delle pratiche vietate è indicativo dell’importanza di questo impianto normativo che mira ad impedire la degenerazione dell’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale nell’ambito di pratiche scorrette che, purtroppo, vengono già applicate in diversi paesi del mondo».
In una fase storica in cui l’innovazione è un passaggio obbligato per la competitività e la crescita delle imprese, che impatto può avere l’Intelligenza Artificiale in un sistema produttivo come quello marchigiano, ricco soprattutto di piccole e piccolissime imprese? «Innanzitutto, è una scelta obbligata. In un contesto di economia globale, come quello attuale, non utilizzare l’Intelligenza Artificiale nell’ambito delle proprie attività quando i concorrenti mondiali lo fanno vuol dire rischiare di essere tagliati dal mercato. Ma, come sempre, dietro un rischio si cela un’opportunità; l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale può consentire sia una riduzione dei costi, si pensi, a titolo di esempio, alla manutenzione predittiva, sia un incremento dei guadagni – proponendo prodotti ritagliati sulle esigenze dei clienti e a costi compatibili con le economie di scala – si parla sempre più spesso di mass personalization».
Ritiene che l’AI Act potrà consentire ai Paesi di trovare una convergenza sulla regolamentazione ed evitare che ognuno proceda sulla propria strada? «Per i Paesi europei non c’è dubbio che sarà così. Per molti altri Paesi, purtroppo, c’è da essere pessimisti. Molti governi autoritari hanno interesse a utilizzare l’Intelligenza Artificiale per controllare la propria popolazione e, di conseguenza, non hanno alcun interesse ad applicare norme come quelle previste nell’IA Act».
La questione etica è molto dibattuta dal momento che questa tecnologia ha un impatto in numerosi ambiti della vita di ognuno di noi, basta pensare che viene impiegata negli smartphone, nelle automobili, nei social network e in moltissimi altri settori. Come è possibile garantirne un utilizzo etico e in linea con i principi e i valori che sono alla base delle nostre democrazie? «L’Intelligenza Artificiale, come qualsiasi altra innovazione tecnica, è neutra, ovvero con essa si possono fare cose meravigliose e cose spaventose. Chi decide cosa fare è sempre l’uomo. La questione etica è molto dibattuta e recentemente il Future of Life Institute di Boston ha proposto un sistema di valori da “insegnare” alle macchine. Questi valori prevedono la sicurezza, la trasparenza del guasto, la trasparenza delle decisioni, la responsabilità, l’aderenza ai valori umani, la privacy e la libertà, la condivisione dei benefici e delle prosperità, il controllo umano».