Ancona-Osimo

Anno giudiziario, presenza di cosche calabresi in quattro province delle Marche

Il procuratore generale presso la corte d’appello di Ancona, Luigi Ortenzi, all’inaugurazione dell’anno giudiziario delle Marche ha spiegato che nella regione è stata rilevata «l'operatività di affiliati alla criminalità organizzata calabrese»

Tribunale Ancona
Tribunale di Ancona

ANCONA – La pandemia nelle Marche frena i reati comuni e incrementa quelli sul web, mentre la ricostruzione post sisma fa gola alla criminalità organizzata e in quattro province su cinque della regione è stata rilevata la presenza delle cosche calabresi. È quanto emerge in alcuni passaggi dell’intervento del procuratore generale presso la corte d’appello di Ancona, Luigi Ortenzi, all’inaugurazione dell’anno giudiziario delle Marche, la cui cerimonia si è svolta ieri 22 gennaio nel Palazzo di Giustizia di Ancona, alla presenza dei soli rappresentanti istituzionali a causa della pandemia.

«Il prolungarsi della pandemia – spiega – ha avuto un impatto sull’andamento della criminalità nelle Marche. Complessivamente è stato registrato un sensibile decremento della commissione dei reati comuni quali furti e rapine, mentre risulta aumentato il numero dei delitti di truffa e di estorsione commessi via internet».

Inaugurazione dell’anno giudiziario

«Preoccupante» secondo il magistrato il numero di reati collegati al traffico di sostanze stupefacenti che insieme al consumo di alcol «spesso si ricollega alla piaga sociale e culturale degli incidenti stradali».  Nelle Marche si assiste ad «una fragilità socio-economica a carico di famiglie e imprese» spiega Ortenzi, analizzando l’impatto della pandemia, un quadro che espone al rischio di «usura, facilitando l’acquisizione diretta o indiretta, delle aziende da parte di organizzazioni criminali».

In ogni caso nella situazione attuale «non sembrano sussistere forme di infiltrazioni criminali o intimidazioni ai danni di imprenditori locali», ma seppur in questo quadro «non deve venir meno un attento monitoraggio del territorio marchigiano, caratterizzato da un sistema produttivo basato per lo più su piccole e medie imprese, potenzialmente attrattivo per la criminalità organizzata».

Nella regione pur non essendo presenti «forme di radicamento stabile» delle mafie, negli ultimi anni è stata registrata la presenza e a volte «l’operatività di affiliati alla criminalità organizzata calabrese». Almeno quattro le aree in cui è stata rilevata, ovvero a San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno), dove è stata segnalata la presenza di «soggetti riconducibili alla “ndrangheta catanzarese”», nel Fermano e Maceratese con «proiezioni riferibili a cosche del Crotonese», mentre nella provincia di Pesaro Urbino «sarebbe stata accertata l’operatività di soggetti riconducibili a cosche del Reggino».

Con la ricostruzione post sisma che vede nelle Marche il cratere più ampio, il procuratore ha sottolineato la necessità di mantenere viva l’attenzione su queste aree, nelle quali «consorterie criminali potrebbero infiltrarsi nell’aggiudicazione di appalti e subappalti pubblici, a svantaggio di imprese sane».

Sul tema della violenza di genere specie verso le donne, ha sottolineato «il più che soddisfacente funzionamento dei meccanismi apprestati dalle procure del distretto», adottato per garantire «la massima tempestività nella gestione dei procedimenti, nella interlocuzione con le parti offese, nell’apprestamento ed esecuzione, dove necessario, di misure cautelari».