ANCONA – «Il cambiamento climatico è il tema del secolo, certo, abbiamo vissuto e viviamo situazioni drammatiche come pandemie e guerre, ma in sottofondo c’è questa situazione che sta crescendo e che coinvolgerà tutto il Pianeta. I governanti di tutte le Nazioni prima o poi dovranno farci i conti. Il segnale proveniente dall’ultima COP 28 dovrebbe andare proprio in questa direzione». È il messaggio forte che arriva dai ghiacci dell’Antartide, per la precisione dalla nave di ricerca italiana Laura Bassi, a lanciarlo è il professor Pierpaolo Falco, ricercatore e professore associato in oceanografia e fisica dell’atmosfera presso il Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente dell’Università Politecnica delle Marche, in missione per studiare le gelide acque del Mare di Ross.
Falco coordina “Signature” (PhySIcal and bioGeochemical traciNg of wATer masses at source areas and export gates in the Ross Sea and impact on the SoUtheRn OcEan)) uno dei tre progetti nei quali sono coinvolti team di ricercatori italiani (39) a bordo della rompighiaccio che si sta muovendo in Antartide per la 39esima missione finanziata dal Miur nell’ambito del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (Pnra), gestito dal Cnr per il coordinamento scientifico, dall’Enea per la pianificazione e l’organizzazione logistica delle attività presso le basi antartiche e dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – Ogs. La nave italiana circumnavigherà l’intero Mare di Ross e concluderà la sua missione a marzo 2024 quando farà rientro in Nuova Zelanda, dopo 60 giorni di navigazione.
Gli altri due progetti, “Tenore” e “MORsea”, sono invece coordinati rispettivamente da Giannetta Fusco dell’Università degli studi di Napoli “Parthenope” e da Giorgio Budillon dell’Università degli studi di Napoli “Parthenope” e Pasquale Castagno dell’Università degli Studi di Messina. Con il progetto “Signature” i ricercatori guidati dal professor Falco, esperto di oceanografia fisica, effettueranno analisi biologiche, chimiche e fisiche delle masse d’acqua del Mare di Ross per studiarne i cambiamenti nello spazio e nel tempo.
«Il progetto – spiega il professor Falco, raggiunto telefonicamente mentre è a bordo della rompighiaccio – segue altri progetti condotti negli anni passati per comprendere la variabilità di quelle masse d’acqua presenti nel Mare di Ross, che partecipano alla formazione delle Antartic Bottom Water, che riempiono la parte più profonda dell’Oceano e rappresentano circa il 40% del volume globale delle acque del Pianeta».
Un’area cruciale, quella oggetto della missione di ricerca italiana. È proprio qui, infatti, nelle profondità del Mare di Ross che si muovono e poi fuoriescono queste acque così importanti. Le Antartic Bottom Water a loro volta regolano la forza della grande circolazione termoalina globale che ha un effetto determinate sulla stabilità del clima del nostro pianeta.
«Le masse d’acqua del Mare di Ross – prosegue l’esperto dell’Univpm – contribuiscono quindi al volume totale di Antartic Bottom Wayter e attraverso la circolazione generale degli oceani, contribuiscono alla distribuzione di calore, ossigeno e anidride carbonica in tutti i bacini oceanici». Nel dettaglio il team multidisciplinare di ricercatori coordinato da Pierpaolo Falco eseguirà campionamenti di acqua con una sonda multiparametrica per la misurazione di parametri fisici, biologici e chimici. I campionamenti vedranno in campo anche strumenti all’avanguardia come i droni marini. I dati fisici raccolti saranno analizzati già a bordo, mentre le analisi biologiche e chimiche verranno eseguite in laboratorio a missione conclusa.
«L’idea sulla quale abbiamo impostato il campionamento – racconta il professor Falco – è quella di raccogliere informazioni che ci aiutino a comprendere meglio gli elementi che influiscono sulla variabilità nel tempo e nello spazio di queste masse d’acqua. Le acque di fondo del Pianeta hanno un ruolo importante dal punto di vista climatico». Nel Mare di Ross i ricercatori studieranno in particolare le ‘Ice shelf Water’ ovvero le acque che si formano sotto le piattaforme di ghiaccio che galleggiano sul mare e che «sono in assoluto le acque più fredde del Pianeta» e analizzeranno anche le aree polynya, dove si formano delle acque «molto salate e quindi molto dense – spiega l’esperto -, che scorrono sul fondo Mare di Ross. Ad un certo punto il fondo precipita verso l’abisso a profondità di 2-3mila metri e le acque di piattaforma scendono come una cascata per poi mescolarsi con altre masse di origne oceanica dando origine alle Antartic Bottom Water».
Proprio queste acque di fondo (Antartic Bottom Water) «contribuiscono a regolare la forza delle grande circolazione termoalina globale. Gli ambienti polari sono molto sensibili ai cambiamenti climatici – aggiunge – qui si vedono in maniera amplificata gli effetti del cambiamento climatico e qui si possono raccogliere quei dati che poi saranno utili per la previsione futura del clima del nostro pianeta ». Uno degli effetti del cambiamento climatico che più preoccupa gli scienziati è lo scioglimento dei ghiacciai e il conseguente innalzamento dei livelli dei mari del Pianeta e che quindi interesserà tutte le aree costiere anche nel Mediterraneo Qui, non solo il riscaldamento sta avvenendo rapidamente ma le previsioni di aumento del livello del mare pongono la costa italiana a rischio di pesanti conseguenze.
«Il livello del mare è previsto in aumento di un metro entro il 2100 – ricorda – gli effetti di questo innalzamento colpiranno anche il nostro Paese e le Marche. Salendo il livello del mare, aumenta anche quello del moto ondoso che potrebbe diventare sempre più impattante sulla costa. Gli effetti? Erosione costiera e delle spiagge, inoltre, le strutture più vicine alle spiagge potrebbero essere inondate con maggiore frequenza da qui a poche decadi. Nelle Marche tutta la fascia costiera dove sono presenti le spiagge, sia a nord che a sud, sono maggiormente esposte all’aumento del livello del mare».
Ondate di calore e siccità, eventi meteorologici estremi come alluvioni e cicloni tropicali, il cambiamento climatico rappresenta una delle sfide più urgenti del nostro tempo. Lei già in passato aveva parlato della necessità di istituire un centro di osservazione dei Medicane (ovvero cicloni del Mediterraneo con caratteristiche simili ai cicloni tropicali) che potesse fornire previsioni a supporto del sistema di allerta. Quali le altre misure di adattamento per prevenire e rispondere alle emergenze climatiche? «Bisognerebbe ad esempio, iniziare a programmare fin da ora opere di protezione della costa, certo, si tratta di investimenti giganteschi. I governanti devono percepire il rischio a cui andiamo incontro, serve uno sforzo unitario per diffondere le giuste informazioni, per informare la popolazione sui corretti comportamenti da tenere e sui rischi. Serve un piano generale e linee guida da adattare alle peculiarità delle diverse regioni. Bisogna implementare il piano di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico per poi definire gli interventi sui territori, azione che forse qualche amministrazione virtuosa ha già fatto ma si vedono ancora risultati minimi». In ballo ci sono tanti aspetti della vita sul Pianeta e dell’economia: «la vita e salute della popolazione, l’agricoltura, la pesca, il tema delle maxiemergenze e della gestione dei soccorsi, ma anche il turismo, sono coinvolti molteplici settori» conclude.