ANCONA – «La mia è una storia di violenze che all’inizio erano quasi impercettibili e poi sono esplose e diventate sempre più palesi». A raccontare la sua esperienza nella Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne è Arianna (nome di fantasia), quarantenne, mamma di due figlie. Nei primi sei anni di relazione con suo marito, padre delle sue figlie, racconta «non mi sono quasi accorta di quello che mi stava succedendo: le umiliazioni erano sottili e in alcuni casi le scambiavo per attenzioni, invece, l’ho capito solo dopo, erano forme di controllo».
«Se uscivo con un’amica mi diceva di mandargli una foto – prosegue – voleva vedere con chi ero. Un giorno mi ha picchiata, solo in quel momento ho realizzato quello che mi stava succedendo, poi ne ho preso maggiore consapevolezza grazie al percorso con una psicologa. Eppure, dentro di me sentivo che qualcosa non andava, che stava per accadere qualcosa, che lui stava per esplodere». La storia di Arianna è comune a quella di tante altre donne vittime di violenza e abuso: «Mi sentivo sempre debitrice, in colpa» dice, spiegando di aver subito violenza fisica, psicologica, economica. «Mi picchiò e mi spintonò anche davanti ai nostri figli».
Come hai trovato la forza di staccarti, di dire basta e ricominciare? «Non mi riconoscevo più, mi sentivo come un guscio vuoto, per fortuna però ero circondata da amici che mi volevano bene con i quali mi sono aperta. Un mio amico in particolare mi consigliò di rivolgermi al centro antiviolenza, da lì si è aperto il ‘vaso di Pandora’. Prendere consapevolezza è forse la cosa più difficile, è come un salto nel vuoto, non sai cosa succederà dopo».
Qual è stato il momento più difficile nel tuo percorso di rinascita? «Sono diversi i momenti difficili: cerchi di ricordare chi volevi essere, chi eri, e intanto si cresce e si invecchia, cambiano le prospettive, si fanno tante rinunce e bisogna trovare compromessi con sé stessi. Ci sono tanti aspetti da bilanciare, specie quando ci sono dei figli».
Cosa vorresti dire alle donne che subiscono un’esperienza come la tua? «Che non devono vergognarsi, che non è colpa loro se non trovano la forza di ammettere la violenza ed hanno paura, è comprensibile. Quando sarà arrivato il loro momento per ripartire, ce la faranno. Lo dicono tutte le donne che ci sono già passate. Se dovessi pensare alle mie figlie in una situazione di violenza, direi loro di non avere paura di parlare con qualcuno di cui si fidano ciecamente, che è più pericoloso affrontare da soli le violenze. Spesso si teme di parlare per paura che lo possa venire a sapere la persona violenta e che questa alla fine possa fare anche di peggio»
Arianna spiega che per lei e le sue figlie «il futuro è fatto di tanti piccoli oggi. Il mio desiderio è quello di poter relegare tutto quello che è successo in un capitolo del nostro passato. Mi aggrappo alla forza di chi ci è già riuscita. Sogno di mettere a frutto quello che è successo, che il dolore vissuto possa essere d’aiuto ad altre donne per uscire dalle violenze». Dolore, rabbia e disperazione, vengono elaborate anche grazie all’aiuto di chi ci è già passato: «Tante donne mi hanno aiutata, anche rimproverandomi quando era necessario, e non mi hanno mai abbandonata. La tecnica del ‘sasso grigio’ è una strategia valida, quando non cedi alle manipolazioni finalmente riesci ad uscirne».