ANCONA – All’indomani dell’esito dei ballottaggi per la scelta dei sindaci nei Comuni di Castelfidardo e San Benedetto del Tronto, nell’analisi dei politici marchigiani di centrodestra pesa la bassa affluenza alle urne, che se già al primo turno si era ridotta rispetto alle precedenti amministrative, al secondo turno ha segnato un calo ancora più vistoso. Gongola invece il Pd, che vede nell’esito delle urne, nuove prospettive. Ma andiamo per ordine.
I risultati nei due Comuni al ballottaggio
Intanto un primo dato che salta all’occhio, guardando al solo risultato dei due ballottaggi, è che in apparenza sia il centrosinistra che il centrodestra sembrerebbero rimasti a bocca asciutta in entrambe le città, ma a guardar bene forse non è proprio così. A conquistare la poltrona di primo cittadino a San Benedetto del Tronto è stato il civico Stefano Spazzafumo che ha battuto il sindaco uscente Pasqualino Piunti (centrodestra): tuttavia va sottolineato che le civiche a sostegno del neo eletto primo cittadino sono di area centrosinistra, con Italia Viva che ha sposato il progetto, ma anche che la candidata del Pd Bottiglieri non aveva superato il primo turno.
A Castelfidardo Roberto Ascani fa il bis con i 5 Stelle, sbaragliando al primo turno il candidato del Pd (Tiranti) e al secondo turno quello del centrodestra (Turchetti), ma al pentastellato sono confluiti anche i voti dell’area di centrosinistra che notoriamente non vota di certo a destra.
L’esito nazionale
A livello nazionale il centrosinistra è risultato vincente, accaparrandosi le poltrone da sindaco di numerose importanti città. Dopo aver conquistato Milano, Bologna e Napoli al primo turno, il centrosinistra ha vinto anche a Roma e Torino, si è aggiudicato a Varese, Latina, Caserta, Cosenza e Isernia, mentre al primo turno aveva ottenuto anche Ravenna e Rimini. Il centrodestra tiene invece a Trieste, e conquista anche Pordenone, Novara e Grosseto. In calo l’affluenza anche a livello nazionale, dove al ballottaggio non oltrepassa il 43,94%, mentre al primo turno era arrivata al 52,67%.
L’affluenza nelle Marche
Ma dicevamo anche del dato relativo all’affluenza alle urne rilevato nelle Marche: a San Benedetto del Tronto al ballottaggio ha votato il 46,39% degli aventi diritto, erano stati di più il primo turno (59,9%), stesso quadro anche a Castelfidardo dove l’affluenza al secondo turno è stata del 44,54, mentre al primo era stata del 51,64%. Un elemento, quello della scarsa partecipazione dei votanti, sottolineato sia dal capogruppo consiliare di Fratelli d’Italia, Carlo Ciccioli, sia dall’assessore Guido Castelli.
Ciccioli (FdI): «Ha vinto il partito dell’astensione. Nella competizione di coalizione il partito è andato molto bene»
«Fratelli d’Italia nella competizione di coalizione è andata molto bene – afferma il capogruppo consiliare del partito della Meloni, Carlo Ciccioli – Siamo il primo partito della colazione sia a San Benedetto del Tronto che a Castelfidardo e se guardassimo solo al nostro risultato dovremmo essere molto soddisfatti, ma ovviamente non siamo soddisfatti del risultato complessivo, perché notiamo una grandissima disaffezione alla politica e al voto».
Ciccioli fa notare che «il dato più importante è che la gente non è andata a votare e non sono andati a votare soprattutto quelli che nell’area del centrodestra vedono di cattivo occhio la colazione nazionale al governo Draghi e la spaccatura nel centrodestra tra chi sta al governo nazionale e chi all’opposizione». Secondo il capogruppo marchigiano del partito della Meloni, sarà necessario fare un’analisi e rivalutare la situazione, perché «non è che i partiti di centrodestra hanno perso le elezioni, è che i loro elettori non sono andati a votare e ha vinto la minoranza organizzata, il Pd e la sinistra, e finché avrà spazio per poter dire la sua perché gli altri si astengono vincerà le amministrative».
«Ha vinto il partito dell’astensione», afferma Ciccioli, che scendendo nel merito della sconfitta del centrodestra a San Benedetto del Tronto, rileva che «al secondo turno molti elettori hanno tracciato una croce sul simbolo di Fratelli d’Italia», ma anche che si è trattato di una elezione dove «l’aspetto emotivo ha sicuramente dato la linea e la demotivazione ha premiato gli elettori di sinistra che cercavano di recuperare in una situazione critica».
In vista delle amministrative del prossimo anno, secondo il capogruppo una analisi sulle candidature va certamente fatta alla ricerca dei candidati migliori: «Se un candidato non vince le elezioni evidentemente non è riuscito a comunicare sufficientemente all’elettorato della città».
Mangialardi (Pd): «Il centrosinistra unito riesce a vincere clamorosamente»
Gongola invece il Pd di Maurizio Mangialardi. «Per il centrosinistra su scala nazionale è stato un voto molto importante, corroborante. Il centrosinistra unito nelle grandi città e non solo riesce a vincere e a vincere clamorosamente».
Non solo, per il capogruppo consiliare dei dem, si tratta di «un bel segno di prospettiva che ci indica anche le modalità». Nonostante il voto amministrativo e quello politico siano «due cose diverse, indubbiamente prima di questa tornata elettorale nessuno avrebbe scommesso nulla su questo tipo di risultato. Il Pd a livello regionale – prosegue – ha anche dei bei risultati, il centrodestra perde le due città che erano indicate al ballottaggio».
Mangialardi rileva come le due proposte erano state «fortemente sostenute dal governo regionale» e dunque l’esito «ha un significato particolare». Nell’attesa del congresso regionale per il rinnovamento dei vertici apicali del partito, ancora in ballo, dopo la debacle alle elezioni regionali, afferma «abbiamo già incardinato questo tipo di percorso, lo facciamo con i tempi che ci eravamo dati. Oggi ci possiamo rivedere in presenza, possiamo continuare ad approfondire temi, e mi sembra che anche nelle città che sono andate al ballottaggio il partito democratico abbia dato un bel contributo per la vittoria finale».
Castelli (FdI): «Occorre rafforzare la capacità formativa all’interno dei partiti»
Ad analizzare il voto è anche l’assessore regionale con delega agli Enti Locali, Guido Castelli, che ha sottolineato la bassa affluenza alle urne, un fatto che «merita una riflessione». Secondo Castelli «le autonomie locali non vengono più percepite come luoghi della decisione perché viviamo da qualche anno, da troppi anni, in un momento storico in cui tendenzialmente si centralizza tutto. È evidente che anche l’elettorato, il cittadino, non ha più la percezione della centralità dei Comuni che una volta erano i punti di maggior contatto con i cittadini».
In ogni caso secondo Castelli i ballottaggi «hanno dato esiti particolarissimi, difficili da valutare in senso politico, perché Spazzafumo è un uomo che ha spiazzato il centrodestra e il centrosinistra e anche la componente e la rappresentanza istituzionale del Pd è ridotta ai minimi termini a San Benedetto del Tronto, quindi una eccezione. Stessa cosa si può dire del sindaco riconfermato di Castelfidardo, Roberto Ascani, che è andato in controtendenza, rispetto ad un ciclo elettorale che ha visto tramontare quasi ovunque la stella dei 5 Stelle».
Insomma per l’assessore di Fratelli d’Italia «da questo punto di vista le Marche si confermano come un laboratorio che rende possibili anche situazioni che tuttavia noi come Regione dobbiamo tenere in considerazione al di la dei colori e dei partiti». Il tema su cui sindaci, consiglieri e assessori regionali, oltre ai presidenti debbano concentrare l’attenzione «è il tentativo di essere più rilevanti nell’ambito delle decisioni di questo Paese. Il Pnrr rappresenta un ulteriore sintomo di questa tendenza centralistica. Si pensa di rifiutare la complessità delle cose affidandosi sempre e comunque alle funzioni taumaturgiche delle strutture nazionali».
Sul voto di San Benedetto del Tronto che ha spiazzato anche Piunti, Castelli ha sottolineato che «l’avvisaglia c’era perché al primo turno aveva raggiunto il 41%» dei voti e quindi «il 60% dei san benedettesi aveva espresso una valutazione di un certo tipo». Secondo Castelli il centrodestra deve fare «tesoro di questo insegnamento» e deve cercare «sempre più di creare una classe dirigente che si deve addestrare giornalmente e settimanalmente, studiando e lavorando. Sono tra quelli che dicono che non si improvvisa l’esercizio della politica – prosegue – che anche se non deve essere una professione, non deve essere neanche una avventura».
Insomma, occorre «rafforzare la capacità formativa all’interno dei partiti, entità che tendenzialmente nell’era digitale tendono a sfumare i contenuti di addestramento e formazione».