ANCONA – «Ci hanno fermato, sia dal punto di vista degli investimenti che delle compravendite: finché il quadro non sarà più chiaro nessuno se la sente di fare nuovi investimenti. Il pensiero che con un’asta si possa perdere l’attività a cui si è dedicata una vita intera, magari tramandata anche di famiglia in famiglia, ci getta nello sconforto». Nelle parole di Romano Montagnoli, responsabile regionale Sib (Sindacato Italiano Bagnini) si percepisce chiaramente l’apprensione di un intero settore, quello degli operator balneari sulla cui testa pende la spada di Damocle della direttiva Bolkestein che prevede la messa in gara di tutte le concessioni balneari.
A gettare nello sconforto «è soprattutto la pronuncia del Consiglio di Stato del novembre scorso che, consegna come non scritta, la proroga al 2033, periodo congruo per fare una buona riforma e dare tempo agli enti locali di organizzarsi». Una direttiva, quella europea, che mette a rischio la sopravvivenza delle imprese balneari, spesso a dimensione familiare, che negli anni hanno finto per rappresentare un punto di riferimento per le località di vacanza e per intere generazioni. Le stesse imprese che hanno creato occupazione e che hanno investito denaro per la ricettività.
Proprio in questi giorni il Consiglio dei ministri ha approvato l’emendamento con le nuove regole che entrerà nel decreto legge Concorrenza e il disegno di legge che delega il governo a presentare entro se mesi la riforma delle concessioni balneari, con la revisione dei canoni. Ad oggi però per i balneari l’unico punto di riferimento è rappresentato dalla data del primo gennaio 2024, quando le spiagge torneranno libere e chiunque potrà partecipare alla gara per l’assegnazione di una o più concessioni balneari. Le gare saranno aperte a tutti, inclusi microimprese ed enti del Terzo settore.
Le attuali concessioni dunque continueranno ad essere valide fino al 31 dicembre 2023, la durata però non sarà superiore a quanto necessario per garantire al concessionario un ammortamento e una equa remunerazione degli investimenti fatti. Niente proroghe e rinnovi automatici. Il governo prevederebbe una specie di prelazione per chi ha avuto la concessione nei cinque anni precedenti la gara, come unica fonte di reddito, e un indennizzo per il concessionario uscente da parte del nuovo.
Anche se è stato fatto un passo avanti, tra gli operatori del settore la preoccupazione è forte. Nelle Marche le concessioni sono poco meno di un migliaio e gli operatori attorno ai 700, per lo più «piccole imprese, a conduzione familiare, a cui però il Governo ha promesso una tutela maggiore» spiega Montagnoli. «Se la situazione non si sblocca – aggiunge – dal primo gennaio 2024 saremo abusivi, su quelle spiagge in cui abbiamo lavorato ed investito una vita, in termini di sacrifici, capitali e lavoro».
Ora «l’emendamento approvato in Consiglio dei Ministri ha accolto alcune nostre richieste – afferma – come la tutela del valore aziendale in fase di gara, le professionalità che nel tempo si sono sviluppate e la salvaguardia delle piccole e medie imprese. Nonostante i passi avanti però il quadro non è ancora risolto e non possiamo ancora dirci soddisfatti. La nostra speranza è che le imprese del settore vengano salvaguardate, non solo per noi stessi, ma anche per l’interesse pubblico. Come sindacato stiamo per protocollare un ricorso in cassazione contro una sentenza che giudichiamo ingiusta», conclude.