ANCONA – «Non abbiamo usato lo spray al peperoncino». È quanto hanno sostenuto gli imputati della “banda dello spray” in Aula dove hanno raccontato la loro verità nel corso della terza udienza, durata circa 6 ore, al Tribunale di Ancona, nell’ambito del processo con rito abbreviato a quelli che sono ritenuti fra i presunti responsabili della tragedia avvenuta tra il 7 e l’8 dicembre 2018 alla Lanterna Azzurra dove morirono 5 adolescenti e una mamma 39 enne, schiacciati dalla calca nel fuggi fuggi dal locale.
Davanti al Gup Paola Moscaroli e ai Pm Valentina Bavai e Paolo Gubinelli, il gruppetto ha sostenuto di avere solo una conoscenza superficiale fra loro, anche se hanno ammesso le loro responsabilità per quanto concerne furti e rapine commessi all’interno dei locali, per rubare collane e orologi, che poi rivendevano per avere soldi con cui, oltre ad andare avanti, acquistavano droga, però hanno negato di aver spruzzato lo spray la notte della tragedia. Anzi, hanno riferito di aver smesso di usare lo spray al peperoncino in precedenza perché creava confusione e che quella notte alla Lanterna Azzurra erano presenti anche altre bande del modenese e del genovese. Il pm Paolo Gubinelli nell’esaminare gli imputati ha posto l’accento sul fatto che dalle intercettazioni telefoniche in possesso della Procura sarebbe emersa tutt’altra realtà, e cioè che in realtà i membri del gruppetto avessero una conoscenza consolidata fra loro.
Ugo Di Puorto, ritenuto il boss del gruppo di cui fanno parte anche Raffaele Mormone, Andrea Cavallari, Moez Akari, Souhaib Haddada e Badr Amouiyah, arrestati il 2 agosto scorso dopo una complessa indagine condotta dal Nucleo Investigativo del Reparto Operativo dei Carabinieri di Ancona, devono rispondere di pesanti accuse: omicidio preterintenzionale, associazione a delinquere finalizzata a furti e rapine, lesioni personali anche gravi e singoli episodi di furti e rapine commessi in diversi locali notturni.
Di Puorto avrebbe ammesso di aver usato lo spray urticante «in un’altra occasione, ma non quella notte» e avrebbe inoltre affermato che la bomboletta, rivenuta a terra all’interno del locale, sulla quale è stato rinvenuto il suo dna, sarebbe stata portata da Badr Amouiyah.
L’ipotesi degli inquirenti è che siano stati proprio loro, i ragazzi della banda, tutti della Bassa Modenese, a spruzzare spray al peperoncino all’interno del locale, affollato nell’attesa del concerto del trapper Sfera Ebbasta, provocando quelle difficoltà respiratorie che avrebbero generato il panico e la fuga dalla Lanterna Azzurra.
La banda avrebbe spruzzato la sostanza urticante ne locale per creare scompiglio così da approfittare della confusione per mettere a segno furti con strappo di preziosi come collane e orologi. Una attività criminale nella quale secondo gli inquirenti il gruppetto sarebbe stato specializzato.
L’avvocato Corrado Canafoglia, legale di parte civile ha definito «surreale ascoltare le dichiarazioni di ragazzi poco più che maggiorenni» raccontare «comportamenti di quella portata» ha dichiarato riferendosi al fatto che era come se «sembravano non rendersi conto di quanto hanno fatto». «Ragazzini – conclude – capaci di aver creato un disastro di quel genere, dove alle spalle emergono sempre la droga e un vissuto non lineare».
La prossima udienza è stata fissata per il 25 giugno. quando interverranno pubblico ministero e parti civili. L’8 luglio sono attese invece le conclusioni dei difensori degli imputati.