ANCONA – Presiederà il Consiglio Superiore Beni culturali e Paesaggistici, organo consultivo del Ministero della Cultura, il professor Gerardo Villanacci, docente ordinario di Diritto Privato presso la Facoltà di Economia “G. Fuà” dell’Università Politecnica delle Marche. Villanacci è anche avvocato cassazionista, editorialista del Corriere della Sera, opinionista televisivo e giornalista pubblicista.
Professore, i nostri beni culturali e paesaggistici sono forse l’unica ‘materia prima’ del nostro Paese, e tutti sono concordi nel pensare alla loro centralità e valorizzazione ma spesso non sappiamo promuoverli abbastanza: è questa capacità di fare marketing che ci manca? O cos’altro?
«È un dato incontrovertibile che lo straordinario patrimonio culturale del nostro Pese non possa essere neanche comparato a quello di altri. Il punto semmai è prendere atto in via definitiva che dovremmo al meglio valorizzarlo poiché forse più di altri settori può rappresentare una concreta svolta evolutiva che, inevitabilmente, si ribalterebbe sull’economia e quindi anche sulle maggiori possibilità occupazionali. Tuttavia bisogna riconoscere che sia pure nel breve tempo della sua costituzione, il nuovo esecutivo, ed in particolare il Ministro della Cultura, ha mostrato molta sensibilità alla diffusione e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici».
Ritiene che ci sia sufficiente conoscenza della ricchezza e dell’importanza di questo patrimonio che ci contraddistingue tra i più giovani? E come possiamo diffonderla ulteriormente, avvicinando le nuove generazioni ai nostri beni culturali?
«Si tratta di un punto nodale poiché effettivamente è necessaria una maggiore diffusione della conoscenza del rilevante patrimonio culturale e paesaggistico italiano. Tuttavia non meno importante è rappresentare, come è facilmente documentabile, lo straordinario valore dello stesso soprattutto per le nuove generazioni. Al netto di ogni retorica, è evidente che primo fondamentale passaggio è quello attraverso le scuole, a partire da quelle primarie».
Se da un lato in Italia, come anche nelle Marche, l’offerta è straordinaria, dall’altro emerge una certa frammentarietà e ognuno va per la sua strada…
«Elidere la frammentarietà alla quale lei fa riferimento, è uno degli obiettivi che deve essere conseguito anche tenendo in considerazione quanto è già stato fatto in passato. In un certo qual modo le Marche rappresentano il paradigma di tutto quanto abbiamo detto nel senso che è una regione le cui bellezze paesaggistiche e i numerosi siti culturali, alcuni già ben noti al mondo intero, non sono ancora adeguatamente conosciuti e, se posso dire, valorizzati. Anche per questa ragione, dobbiamo cogliere l’opportunità di una maggiore disponibilità finanziaria, in primo luogo quella del PNRR, per colmare queste lacune».