Ancona-Osimo

Di nuovo sui banchi, allarme bullismo. Paolo Crepet: «I genitori devono tornare a fare i genitori»

La riapertura scolastica pone nuovamente l'accento su un fenomeno che è sempre più diffuso e che colpisce anche tra i bambini delle elementari e dell'asilo. Lo psichiatra e scrittore pone l'accento sulla necessità di tornare a dire dei no e di trasmettere regole ai figli

ANCONA – Con la ripresa delle attività scolastiche una delle preoccupazioni più forti per i genitori è quella che i propri figli possano restare vittime di episodi di bullismo. Un timore condiviso anche da quegli alunni che hanno già sperimentato in passato prese in giro, esclusioni e aggressioni.

Non sono solo gli adolescenti a restarne vittime, ma anche i bambini: si registrano, infatti, casi di bullismo anche nella scuola primaria e addirittura tra i bambini di 5 anni. Sul fenomeno aveva lanciato l’allarme anche il Telefono Azzurro nel suo ultimo Report, dal quale era emerso che si tratta di una piaga sempre più diffusa.

Ma cosa possono fare le famiglie per contrastare queste violenze? «I genitori devono tornare a fare i genitori – spiega lo psichiatra e scrittore Paolo Crepet -. Un ragazzo si aiuta solo con la severità e trasmettendogli delle regole. Oggi i genitori non hanno più voglia di educare, sono immersi nei social e pensano ad andare in palestra. Ma se non si vuole fare il genitore si deve evitare di mettere al mondo i figli».

Paolo Crepet
Paolo Crepet, psichiatra e scrittore

Un buonismo educativo che, come spiega lo psichiatra, non giova di certo ai ragazzi. «I genitori sono diventati i pusher dei loro figli – incalza Crepet -. Danno soldi agli adolescenti che li spendono in birre e fumo». Sull’abbassamento dell’età delle vittime di bullismo e dei bulli, Paolo Crepet spiega che «sono le famiglie ad averla abbassata», «portano i figli in discoteca sempre più presto» e non sanno dire quei no che invece fanno crescere.

Il garante dei diritti e presidente del coordinamento nazionale dei difensori civici, Andrea Nobili, spiega che nella battaglia contro il bullismo «la scuola non può essere lasciata sola nell’affrontare il disagio giovanile che trova una sua declinazione anche nel bullismo».

Andrea Nobili
Andrea Nobili

«Non tutte le intemperanze o i comportamenti aggressivi devono essere considerati bullismo – mette in guardia Nobili – perché il rischio che si corre è che se tutto è considerato bullismo allora nulla è più bullismo. Serve una alleanza forte e convinta tra i soggetti che si occupano della tutela dei ragazzi, ovvero tra genitori, scuola e istituzioni pubbliche. Su questo non si deve arretrare di un millimetro – spiega – nella consapevolezza però che questi fenomeni si manifestano in maniera diversa rispetto al passato e che le famiglie sono spesso in difficoltà e hanno bisogno di supporto».

Sul fronte dei bullizzati il garante pone l’accento sulla necessità di «intercettare il disagio psicologico di chi è vulnerabile. Occorre parlare con i figli ed è necessaria sensibilità da parte degli educatori nel non sottovalutare anche i più piccoli segnali di eventuali sofferenze. Intervenire subito significa scongiurare una dimensione più ampia del problema con ripercussioni psicologiche future importanti». Per quanto riguarda i bulli, invece il garante sottolinea la necessità di «porre in atto interventi di contrasto con consapevolezza che i giovani che compiono gesti di questo tipo sono giovani che vivono problemi, sono minorenni che vanno aiutati e supportati in un percorso di crescita così come i minori vittime di bullismo».