Ancona-Osimo

Caccia al cinghiale, è scontro fra animalisti e Coldiretti sulla legge regionale

Al centro della polemica la bocciatura da parte della Corte Costituzionale del ricorso al Tar presentato dalle associazioni ambientaliste e animaliste contro la legge che autorizza gli agricoltori all'abbattimento di questi animali

Cinghiali (Foto di ZufriedenUnterwegs da Pixabay)

ANCONA – L’abbattimento dei cinghiali torna nuovamente al centro delle polemiche. Animalisti e ambientalisti si scontrano con Coldiretti sulla sentenza della Corte Costituzionale che ha bocciato il ricorso al Tar delle Marche, presentato dalle associazioni, contro la legge regionale che autorizza gli agricoltori muniti di licenza di caccia, a partecipare all’abbattimento dei cinghiali all’interno delle proprie aziende.

Una sentenza che divide, perché se da un lato Coldiretti parla di «una opportunità importante per porre un freno a un fenomeno, quello della proliferazione degli animali selvatici, che sta devastando le campagne italiane» dall’altro lato le associazioni ricordano che il Tar ha 90 giorni per esprimersi sulla legittimità della legge regionale.

«La popolazione dei cinghiali è più che raddoppiata negli ultimi dieci anni, salendo a due milioni di capi – scrive Coldiretti in una nota -. Ma se si considera la sola dorsale appenninica, la concentrazione media sale a un animale ogni cinque abitanti. Il risultato è che nelle campagne si registrano ogni anno danni stimati in almeno 200 milioni alle colture, ma a preoccupare sono anche i rischi per la salute provocati dalla diffusione di malattie e soprattutto gli incidenti stradali in grande aumento».

Coldiretti lamenta inoltre che i cinghiali si spingono sempre più spesso dentro i cortili e agli ingressi delle abitazioni, «scorrazzando per le vie dei paesi o sui campi, nelle stalle e nelle aziende agricole. Una situazione che costringe ormai le aziende a lasciare i terreni incolti, stravolgendo l’assetto produttivo delle zone» evidenziano gli agricoltori.

Ma l’attacco di Coldiretti va anche in direzione di un disequilibrio ambientale dell’ecosistema specie in merito al rapporto tra crescita della popolazione dei selvatici e vegetazione forestale.

Di parere diametralmente opposto invece le associazioni che per voce del delegato regionale della Lac (Lega per l’Abolizione della Caccia), Danilo Baldini, fa sapere che «non c’e stata alcuna sentenza storica. La Corte Costituzionale – spiega – ha solo considerato inammissibile la questione di legittimità costituzionale così come formulata dal Tar Marche, nella parte in cui inserisce i cacciatori tra i soggetti deputati al controllo del Cinghiale, evitando però di scendere nel merito della questione, che altrimenti non avrebbe potuto ritenere più che fondata».

Insomma, le associazioni smentiscono «categoricamente le affermazioni della Coldiretti, che ha evidentemente frainteso il pronunciamento della Corte, la quale non ha affatto dato il via libera agli agricoltori di sparare ai cinghiali» perché «già ora disciplinato dall’articolo 19, che ribadisce infatti che gli agricoltori possono essere coinvolti nella gestione faunistica, “ma nel pieno rispetto sulla priorità dei metodi ecologici e delle figure deputate a svolgere eventuali, ed eccezionali, piani di abbattimento”,  cosa del resto ribadita in ben 7 sentenze precedenti della stessa Corte Costituzionale».

Ora il Tar delle Marche avrà 90 giorni per intervenire nuovamente sulla questione di legittimità, mentre le associazioni ambientaliste e animaliste annunciano già l’intenzione di voler intervenire per chiarire la questione sollecitando proprio il Tribunale Amministrativo Regionale.

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