ANCONA- Passano i giorni e il destino dell’Ancona Calcio tiene sulle spine i suoi tifosi e i tanti appassionati che seguono le vicende del Cavaliere armato. Tra questi ci sono anche degli ex giocatori, che in passato sono riusciti a farsi apprezzare e voler bene dalla piazza dorica indossando la casacca biancorossa.
Se ad Ancona sentite parlare dell’ “Imperatore” il riferimento non è all’Antica Roma, ma ad un attaccante romano che tra il 1995 e il 1998 è entrato nel cuore della Curva Nord. Stiamo parlando di Fabio Lucidi che oggi, anche da distante, continua a seguire con grande attenzione le vicende delle squadra dorica, soffrendone da tifoso che a quella maglia è rimasto sempre legato.
Lucidi, anzitutto grazie di essere con noi
«Grazie a voi»
Che rapporto ha con la città di Ancona? Si sente ancora legato come un tempo?
«Un rapporto strano. Fisicamente non torno ad Ancona da parecchio tempo ma attraverso i social network, amicizie consolidate è come se non me ne fossi mai andato. Mi manca la città, mi manca quel periodo meraviglioso e spesso mi riprometto di tornarci. Mio figlio è nato ad Ancona e ho grande desiderio di fargli vedere i luoghi dove ha mosso i suoi primi passi».
Che effetto le fa vedere la Dorica in queste condizioni, senza conoscere il suo futuro?
«Grazie al vostro giornale, a internet ma anche a fonti dirette seguo costantemente le vicende che si stanno susseguendo. La mia è la sofferenza del tifoso, non dell’ex giocatore, e trovo che la ripetitività di questi spiacevoli eventi sia qualcosa di incredibile».
Perché oggi fare calcio in Ancona, ma anche in Italia, è diventato più difficile?
«Non è solo ad Ancona che è diventato difficile, io credo che ovunque non ci sia un imprenditore sia problematico. Se guardiamo alla Serie A è servito l’avvento di forze cinesi in super potenze come Inter e Milan. È un qualcosa che si trascina con la crisi economica italiana. Anche nel Lazio la situazione non è rosea, fino a due anni fa ho allenato, ora è morto un po’ tutto e non mi sento più legato a questo mondo».
Quali sono i più bei ricordi della sua permanenza all’ombra del Conero?
«Sembrerebbe facile dirti l’anno della promozione, visto che poi in Serie B non andò bene. Però la vita mi ha insegnato ad apprezzare tutto e io ad Ancona ho sempre goduto di buona considerazione, anche quando magari le cose non giravano per il verso giusto. Sono stato benissimo sin da quando sono arrivato la prima sera per firmare il contratto e fare le visite mediche con l’allora dottor Gaetti. Ricordo il primo approccio con i tifosi al ritiro di Camerino che mi dedicarono delle scritte stupende, ancora il custode dell’impianto cerca me e loro (risata nda). Poi i rapporti sul finire si rovinarono per via di alcune cose che furono scritte sul mio conto, ma come si dice il tempo aggiusta tutto e rimane ciò che uno ha dato».
Cosa servirebbe a questa piazza per poter ripartire con entusiasmo?
«Un’organizzazione seria, un imprenditore facoltoso. Senza i soldi non si cantano messe, la penso così, e se dovesse servire ricominciare da zero ben venga pure quello, a patto che si faccia una programmazione seria, competente e caratterizzata dall’onestà. Poi dopo le situazioni vengono da sole se ci sono queste basi».
Qual è attualmente la vita sportiva di Fabio Lucidi?
«Ho allenato dal 2007 con le prime squadre e le cose sono andate sempre abbastanza bene, vincendo anche due campionati di seguito, arrivando in D. Dopo ho dato le dimissioni non mi tornavano i conti non mi quadrava niente. Sono due anni che sono fuori, avrei voglia di rientrare ma voglio parlare con gente in grado di proporre programmi e serietà. Gente che vuole vincere ma in una certa maniera».
Ad Ancona tutti la ricordano come l’Imperatore. Cosa si sente di dire alla gente dorica?
Nacque tutto dalla scritta che mi fecero un gruppo di tifosi a Camerino “Fabio Lucidi Imperatore”. Questo soprannome mi rende riconoscibile alla gente di Ancona e questo mi riempie d’orgoglio. Io mando l’abbraccio più grande e l’augurio di tornare nelle categorie che più ci rappresentano. Gli anconetani sono gente abituata a soffrire e con l’orgoglio e passione che li contraddistingue ne verranno fuori anche questa volta, sono sicuro di questo!».