Ancona-Osimo

Caldo e api, Ruschioni (Univpm): «Tutti possiamo aiutarle promuovendo la biodiversità nei nostri giardini»

Il cambiamento climatico continua a minacciare la salute delle api, preziose sentinelle dello stato di salute dell'ambiente. A tracciare il quadro della situazione è la professoressa Sara Ruschioni dell’Università Politecnica delle Marche

ANCONA – «Produzione di miele dimezzata e favi a rischio collasso nelle zone con scarsa biodiversità e poca acqua». Il cambiamento climatico continua a minacciare la salute delle api, preziose sentinelle dello stato di salute dell’ambiente. A tracciare il quadro della situazione è la professoressa Sara Ruschioni entomologa presso il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università Politecnica delle Marche.

Dopo un 2022 complicato dal caldo e dalla siccità, la primavera – estate del 2023 pone nuove sfide per le amiche dell’uomo. Il mese di maggio caratterizzato da temperature sotto le medie stagionali e poi da abbondanti piogge ha ridotto le api, dopo il risveglio primaverile, alla «malnutrizione», spiega l’entomologa, costringendole «a restare chiuse negli alveari». In questa situazione, aggiunge, «hanno terminato, infatti, le scorte di cibo accumulate, arrivando ad episodi di cannibalismo delle larve, un fenomeno molto raro e dettato dalla necessità di garantire la sopravvivenza».

Sara Ruschioni

«Le api – spiega – hanno una memoria storica: in caso di carenza di cibo la regina diminuisce il numero delle larve deposte e con esse il numero delle bocche da sfamare ma non erano preparate al clima che si è verificato a maggio e quindi le famiglie di api si sono ritrovate con molte larve e api adulte da sfamare e questo ha creato un grosso disagio». 

Un evento fortemente negativo per le api e per chi si cura di loro, gli apicoltori, custodi di queste preziose sentinelle. Gli apicoltori «hanno dovuto nutrire artificialmente le api e in alcuni casi sono stati costretti a spostare gli alveari in zone con maggiore biodiversità», con un grande lavoro, investimento economico e con un ingente dispendio di tempo tanto che «molti apicoltori hanno cercato di distribuire al meglio gli alveari sul territorio facendo tanti chilometri, lavorando molto anche di notte».

Adesso con le alte temperature di queste ultime settimane le api si sono «riorganizzate e riprese, ma solo in quelle zone in cui c’è sufficiente biodiversità, acqua e specie di fiori autoctone, le altre che hanno dovuto volare per lunghe distanze per cercare acqua e nettare si sono invece indebolite, diventando anche vulnerabili alle malattie». Secondo la professoressa Ruschioni fintanto che le temperature restano contenute entro i 40 gradi, le api riescono a termoregolarsi nelle aree che garantiscono biodiversità, acqua e nutrimento, sopra i 40 gradi i favi rischiano di sciogliersi come sta accadendo in alcune zone della Sardegna dove si sono raggiunti i 45 gradi.

Un’arnia

La preoccupazione dell’entomologa è per la «produzione apistica, dimezzata rispetto anche agli anni passati quando era già in crisi, una situazione drammatica: dobbiamo pensare che dietro ad ogni vasetto di miele c’è un lavoro immenso da parte degli apicoltori, e quinti quel vasetto assume un valore ancora più importante. Speriamo che le temperature non salgano ancora» dice. La riflessione si sposta poi sugli Apoidei selvatici (api selvatiche), probabilmente ancora più in crisi delle api e protagonisti importanti del processo di impollinazione, i quali però non hanno la possibilità che hanno le api di fare squadra, spiega, lavorando come un unico organismo per risolvere i problemi, e non hanno nemmeno apicoltori a proteggerle.

«Tutti possiamo fare qualcosa per far stare meglio le api – è il messaggio della professoressa Ruschioni – : non serve adottare gli alveari, basta fornire loro il giusto ambiente, quell’ambiente che abbiamo messo in crisi. Per aiutare le api possiamo mettere a disposizione acqua così che possano bere e piantare nei nostri giardini e terrazzi specie di fiori autoctoni e piante mellifere per dare nutrimenti, ad esempio piante officinali come rosmarino, salvia. Le api si salvano aiutando la biodiversità – conclude – e premiando le aziende agricole biologiche virtuose che utilizzano piante autoctone, e gli apicoltori che utilizzano tecniche apistiche che mettono in primo piano i bisogni delle api, che con il loro impegno contribuiscono a contrastare il cambiamento climatico».