ANCONA – Prosegue nel primo trimestre 2018 il calo dell’export dei distretti delle Marche, con una variazione percentuale tendenziale negativa pari a – 4,7%, ma si registrano dati positivi in tre distretti: cucine di Pesaro, strumenti musicali di Castelfidardo e jeans del Montefeltro. È quanto emerge dal Monitor dei distretti industriali delle Marche, curato dalla Direzione studi e ricerche di Intesa Sanpaolo.
A rallentare l’export distrettuale regionale è stata la frenata subita sia sui mercati maturi (-3,8%), sia sugli emergenti (-6%). Nei primi si sono riscontrate diminuzioni di flussi verso Regno Unito (per le macchine utensili e per il legno di Pesaro), Stati Uniti, Germania, Giappone e Portogallo, mentre nei secondi si segnalano cali in India, Indonesia e Arabia Saudita. Si riscontra un calo anche per i flussi verso il mercato russo – imputabile alle Calzature di Fermo – che giunge comunque dopo la crescita a doppia cifra del 2017.
«Pur in un quadro con luci e ombre – spiega Tito Nocentini, direttore regionale di Intesa Sanpaolo – ci sono tre distretti regionali che fanno segnare risultati positivi, in alcuni casi anche con buone percentuali di crescita Si tratta dei distretti delle cucine di Pesaro (+14%) grazie alle vendite in Francia e negli Stati Uniti, della Jeans Valley del Montefeltro (+6,5%) e degli strumenti musicali di Castelfidardo (+0,7%). Rallenta il distretto delle macchine utensili e per il legno di Pesaro (-3,8%), ma dopo anni di forte crescita».
Circa gli altri distretti della regione il primo trimestre 2018 registra rallentamenti nel sistema moda per le calzature di Fermo (-4,2%) che sconta la riduzione delle esportazioni in Russia e negli Stati Uniti, la pelletteria di Tolentino (-10,8%) e l’abbigliamento marchigiano (-2,2%). Prosegue il calo delle esportazioni di cappe aspiranti ed elettrodomestici di Fabriano che si riducono dell’1,7%, a causa delle sensibili diminuzioni dei flussi verso la Germania. Inizio 2018 difficile per il cartario di Fabriano (-31,6%), a causa sia della decisione della Banca centrale indiana di non acquistare più cartamoneta dall’Italia, sia della forte riduzione della domanda di carta per la stampa di banconote da parte della BCE.