ANCONA – Il caro prezzi di benzina e diesel, oltre ad esasperare gli automobilisti, provoca la rabbia dei benzinai che erano arrivati a minacciare lo sciopero per il 25 e 26 gennaio, poi ‘congelato’ in seguito al colloquio con il governo.
I prezzi alla pompa hanno ripreso a salire da inizio anno, dopo l’eliminazione degli sconti sulle accise introdotti dal governo Draghi. Se qualcuno ha puntato il dito sulla speculazione dei prezzi per motivare i rincari, i sindacati dei benzinai rispediscono al mittente le accuse, incluse quelle delle associazioni dei consumatori, che, a livello nazionale, avevano rilevato dei casi limite di rincari fino a quasi a 2,5 euro al litro, tanto che anche la Guardia di finanza e l’Antitrust si sono mosse per delle verifiche, estese anche alla rete di brokeraggio che si trova a monte delle stazioni di rifornimento.
A replicare alle accuse è Ippoliti Massimo, rappresentante Figisc, la Federazione Italiana Gestori Impianti Stradali carburante di Confcommercio: «Siccome siamo noi benzinai i più piccoli e quelli più facilmente attaccabili, ci stanno massacrando – dichiara – e stanno dicendo che siamo noi che teniamo i prezzi alti, invece non è vero». E per fare chiarezza Ippoliti fornisce una serie di dati. «Prima del 31 dicembre i prezzi erano scesi – ricorda – , ma in seguito a questo calo non c’era più quell’esubero di Iva che c’era quando il governo Draghi aveva tolto i 30 centesimi. Da gennaio, con la diminuzione dell’Iva, lo Stato è stato costretto, per avere gli incassi che gli servivano, ad aumentare, e quindi i 30 centesimi di sconto non c’erano più. Da quel momento però – evidenzia – i prezzi sono scesi di nuovo».
Il rappresentante Figisc spiega che «i prezzi sono variabili tra compagnia e compagnia, ma anche all’interno della stessa compagnia, per cui può essere che anche nella stessa zona la stessa compagnia possa applicare prezzi diversi. Questo può accadere perché magari vicino a quell’impianto c’è una pompa ‘bianca’ (che non appartiene alle grandi compagnie petrolifere, ndr) e quindi è costretta ad abbassare il prezzo: è una legge di mercato – osserva -, è un po’ come avviene al supermercato dove la stessa pasta può avere prezzi diversi» un fatto che oltre che dalla concorrenzialità può dipendere «anche dal fornitore».
Ippoliti sottolinea: «I 30 centesimi che aveva tolto il governo Draghi, in realtà li aveva tolti a noi benzinai, perché ci siamo trovati a dover vendere a 30 centesimi in meno, ma le accise a noi non le hanno rimborsate. Il mese di marzo e quello di aprile non ho preso lo stipendio, perché con i nostri 3 centesimi di margine al self e 5 al servito, avendo avuto una diminuzione su 8mila litri, in pratica ho avuto una perdita dal mio margine di 2.400 euro, che nessuno mi ha rimborsato».
E anche adesso che il taglio delle accise non c’è più e i prezzi sono tornati ad aumentare, dice, «non abbiamo recuperato nulla. La gente deve capire che noi benzinai con i nostri tre centesimi di margine non riusciamo a modificare i prezzi alla pompa, questi vengono modificati alla fonte. Non posso attaccare le compagnie – aggiunge – perché stanno applicando prezzi abbastanza ragionevoli».
E a tal riguardo porta un esempio pratico, quello del suo distributore, a San Biagio di Osimo. «Vendo la benzina a 1,689 euro al litro: 305 millesimi sono Iva, 728 millesimi sono accise, 656 millesimi è il costo del prodotto, partendo dal greggio e arrivando fino al mio margine come distributore, che sono l’ultimo della catena. Noi gestori siamo arrabbiati perché scaricano la colpa su di noi, ma che colpa possiamo avere con 3 centesimi? Si è parlato di benzina venduta alla pompa a 2,50 euro al litro, ma io questi prezzi non li vedo: nella mia zona negli impianti self non c’è nessuno che vende la benzina sopra 1,85 euro al litro».