ANCONA – Le cellule immunitarie dei pazienti guariti riconoscono le varianti. È quanto emerge da uno studio pubblicato sulla rivista Open Forum Infectious Diseasese condotto dagli scienziati del National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID), della Johns Hopkins University School of Medicine, della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health e della società ImmunoScape.
In pratica i linfociti T, globuli bianchi specializzati nel riconoscimento delle cellule infette, possono rimanere attivi contro il nuovo coronavirus nonostante l’insorgenza delle varianti. Il gruppo di ricerca, ha valutato la capacità dei linfociti T di riconoscere tre varianti del virus, la Inglese, quella Sudafricana e la Brasiliana ed ha scoperto che le risposte di queste cellule sono rimaste in gran parte invariate per tutte le mutazioni delle varianti esaminate.
«Se ne parlava già – afferma l’infettivologo Andrea Giacometti, primario della Clinica di Malattie Infettive di Torrette – speravamo ci fosse una memoria immunitaria e speriamo ci sia anche per il vaccino, il virus si combatte non solo con gli anticorpi ma anche con i globuli bianchi e l’interferone».
«I linfociti – afferma – si attivano perché il coronavirus ha molti antigeni diversi e quindi il sistema immunitario produce tanti diversi anticorpi. Ma non tutti sono neutralizzanti e utili. Speriamo che i linfociti siano in grado di riconoscere prontamente i cambiamenti nella proteina Spike producendo nuovi anticorpi neutralizzanti».