ANCONA – Centri estivi e attività ludico ricreative anche per i bambini più piccoli. C’è l’ok alla riapertura delle strutture dedicate all’infanzia nella fascia di età compresa da 0 a 3 anni. Il presidente regionale Luca Ceriscioli ha siglato il decreto che dà il via libera alla ripresa delle attività ludico-ricreative dal 15 giugno, quando a riaprire saranno anche i centri estivi per bambini e ragazzi dai 3 ai 17 anni.
Le linee guida da rispettare per evitare un colpo di coda del coronavirus saranno sempre le stesse: accessi contingentati, misurazione della temperatura all’arrivo, autocertificazione delle condizioni di salute di bambini e ragazzi, igiene rigorosa delle mani, divisione dei bambini in piccoli gruppi e distanziamento sociale, mentre la mascherina non è obbligatoria in questa fascia d’età. Ma intanto anche i più piccoli potranno riprendere quella socialità che era stata drasticamente azzerata dal lockdown.
A ripartire saranno oltre ai centri estivi anche le attività sperimentali di educazione all’aperto, incluse quelle alle lingue, attività che potranno sfruttare, sempre in presenza di operatori, educatori e animatori, le aree dei nidi e di altri spazi per l’infanzia, comprese le scuole e le aree verdi. Il decreto inoltre dà il via libera anche alla riapertura di parchi, giardini pubblici ed aree gioco con la possibilità per i bambini di usare finalmente i giochi (altalene, scivoli ecc.). Anche in questo caso, come per i centri estivi per i bambini e i ragazzi più grandi l’Asur Marche eseguirà controlli a campione una volta avvenute le riaperture.
Insomma anche i bambini da 0 a 3 anni potranno tornare alla socialità. «È la fascia d’età più penalizzata dall’emergenza coronavirus – commenta Annalisa Rossini, referente del gruppo Parchi gioco e Ludoteche delle Marche – e il fatto che ci siano le riaperture anche per loro è fondamentale per le famiglie e i bambini un momento di crescita del bambino nel quale la socialità è fondamentale».
Riaperture che secondo la Rossini sono state «anche fin troppo ritardate: ci sono situazioni di mamme a disagio, di genitori che non potevano tornare al lavoro e di nidi che rischiano di non riaprire mai più».
Tra le strutture, che contano personale specializzato e spazi specifici per i bambini, c’è anche chi si è rassegnato e non intende riaprire, a causa della normativa stringente imposta per limitare la diffusione del virus che obbliga ad una drastica riduzione del personale a fronte di un incremento delle spese: «gli educatori si dividono fra chi sostiene che con il distanziamento interpersonale di un metro sarà impossibile lavorare con bambini di quella fascia d’età per i quali il contatto fisico è fondamentale, e altri che invece ci proveranno», conclude Annalisa Rossini.
I nidi però «sono in ginocchio» commenta Laura Menghini, referente per la zona di Fermo del Comitato Educhiamo che nelle Marche raccoglie oltre 200 strutture, tra centri di aggregazione, nidi e ludoteche rivolti alla fascia d’età 0-3 anni.
«Il mondo educativo è ancora fermo – spiega – e tanti non riapriranno mai più». Paralizzati dal lockdown, hanno continuato a dover far fronte alle spese, «stiamo pagando affitti e bollette, ma non abbiamo più le rette da diversi mesi, da quando abbiamo dovuto chiudere». La referente del Comitato pone l’accento sul fatto che gli educatori sono rimasti a casa senza poter accedere ad «alcun ammortizzatore sociale». «Ad inizio anno avevamo deciso di raddoppiare l’attività arrivando a 4 asili nido e due centri di aggregazione dove insegnavamo anche la lingua inglese» poi la chiusura è arrivata come una mannaia: «non abbiamo potuto accedere alle agevolazioni previste per le start-up e non abbiamo accesso a nessuna forma di sostegno». Ma a parte il caso specifico «i nidi sono tutti in grande sofferenza: anche se siamo imprese il fatto che lavoriamo nel sociale non ci consente di avere margini, ma solo di coprire le spese».
Insomma una situazione estremamente critica. Ma a far infuriare i nidi è anche un’altra questione, ovvero il fatto che, anche se da un lato alcune strutture fortunatamente potranno riaprire, dall’altro «hanno allargato la fascia d’età dei centri estivi da 0 a 17, in questo modo anche la parrocchia che organizza un centro estivo potrà accogliere bambini sotto i 3 anni, creando una concorrenza sleale verso i nidi che hanno le professionalità per rapportarsi con bambini così piccoli che escono da un periodo nel quale hanno vissuto in simbiosi con i familiari e non si sono più relazionati con i pari, mentre paradossalmente i nidi restano chiusi».
La normativa pre-covid però secondo la referente del Comitato Educhiamo «imponeva una separazione netta della fascia d’età 0-3 da quella 3-6 con paletti piuttosto rigidi. Ora noi restiamo senza lavoro e con le dipendenti senza cassa integrazione».
Il punto di vista della psicoterapeuta sulle riaperture
Certo è che la ripresa dei centri estivi da 0-3 anni oltre che a dare una boccata di ossigeno alle famiglie che lavorano è di fondamentale importanza anche per i più piccoli e per il loro sviluppo psico-fisico.
«Poter tornare al centro estivo significa per il bambino riprendere un percorso consueto, normale, vedere che le difficoltà si possono superare e sentire fiducia nel futuro – dichiara Francesca Mancia, psicoterapeuta infantile – . La mente del bambino ha bisogno di stimoli percettivi multipli e coesistenti, tornare a correre in un parco, ad usare il corpo nello spazio coordinandosi con gli altri apre a nuove connessioni neuronali, prima non sollecitate durante il lockdown. Ripartiranno le interazioni sociali tra pari, la condivisione delle regole, la sperimentazione di contesti più complessi tra ambiente ampio, corpo e mente uniti alle emozioni così fondamentali per il superamento del narcisismo infantile».
«Facciamo sì che le nuove regole di sicurezza possano essere apprese tramite il gioco e laboratori il più possibile all’aperto – conclude – . Evitando di controllare con metodi che precludano il contatto con la natura così necessaria per la salute mentale di ogni individuo».