ANCONA – Credito, innovazione e internazionalizzazione. Saranno questi i temi cardine al centro dell’azione di Giovanni Tardini, il neo presidente del Comitato Regionale della Piccola Industria di Confindustria Marche, eletto il 17 luglio scorso per il biennio 2019-2021. Cinquantuno anni, sposato con due figli, Tardini è socio amministratore della Servizi Italia Srl, l’azienda fondata nel 1987 ad Ascoli Piceno, città in cui è nato, e specializzata nella stampa serigrafica e digitale applicata alla personalizzazione di articoli promozionali e di abbigliamento.
Tra gli obiettivi del neo presidente c’è anche quello di arrivare alla responsabilità sociale delle imprese, in modo che queste mettano al centro della loro visione strategica di impresa anche l’etica. Ma secondo il neo presidente serve anche «un ammodernamento delle aziende che devono mettersi al passo con le normative».
Nelle intenzioni di Tardini anche quello di portare avanti i progetti nazionali di Piccola Industria come il Pmi Day, una giornata nella quale le imprese si aprono alle scuole. Centrale anche il PGE (Programma gestione emergenze) di Confindustria che, oltre ad occuparsi della gestione delle emergenze, prevede attività di prevenzione, informazione-formazione in materia di rischi aziendali, sensibilizzazione per favorire una cultura della resilienza, stimolando la collaborazione fra Protezione Civile e imprese. Un piano nato nelle Marche dall’intuizione di Roberto Cardinali di Confindustria Fermo, in occasione del sisma che colpì l’Emilia Romagna nel 2012, varato subito dopo il terremoto del 2016 che ha devastato alcune zone delle Marche. Un progetto che mette insieme pubblico e privato, la cui valenza è stata riconosciuta anche dall’Onu.
Ecco la sua intervista
Presidente Tardini, lei raccoglie il testimone da Diego Mingarelli, qual è, a suo parere, l’eredità più importante che ha lasciato il suo predecessore?
«Mingarelli è stato un grande presidente, ha avuto la capacità di amalgamare tutti i territori e fare del Comitato un gruppo coeso che ha lavorato con estrema unione. Qualità che hanno portato il mio predecessore ad essere nominato vice presidente nazionale, e, a coronamento del lavoro svolto, ad ottenere l’incarico di vice presidente dell’Enterpreneurship & SME Committee di Business Europe, la principale federazione dell’industria a livello europeo».
Cosa significa “essere imprenditori” oggi rispetto a 10-15 anni fa?
«È cambiato completamente. Da una crisi internazionale interminabile si è passati a uno stravolgimento totale nel modo di operare, con le imprese che hanno cercato costantemente di adeguarsi a un mercato in continuo cambiamento. Il sistema bancario è risultato estremamente fragile così come il mondo occupazionale nel quale non ci sono regolamentazioni stabili nel paese. L’imprenditore di oggi deve essere resiliente, ovvero pronto ai cambiamenti specie dopo eventi esterni che minano la continuità dell’azienda».
Quali sono i vantaggi e i limiti di essere imprenditori nelle Marche?
«La Pmi è la spina dorsale dell’imprenditorialità della nostra regione, ispiratrice di quelle idee che tramandano una tradizione industriale eccellente nell’ambito dell’agroalimentare, del comparto del cappello, delle calzature, del mobile, della meccanica. I limiti sono costituiti soprattutto dalle infrastrutture carenti, con collegamenti stradali difficoltosi per le cittadine dell’entroterra di tutte le province, un aeroporto che va avanti con grosse difficoltà, senza parlare poi del tratto autostradale a sud delle Marche, ancora a due corsie. Dopo l’incendio avvenuto l’anno scorso nella galleria di Grottammare, per oltre un anno si è viaggiato in autostrada a una sola corsia in alcuni punti, con code che hanno portato all’esasperazione, oltretutto senza neanche poter contare sui treni ad alta velocità».
Cosa chiede alle istituzioni?
«Innanzi tutto il miglioramento e il potenziamento delle infrastrutture, oltre a una minore burocrazia. Poi serve un confronto serio sul problema dello smaltimento dei rifiuti dove i costi sono raddoppiati: un fatto che rischia di compromettere parte della competitività aziendale se non verranno autorizzate a breve nuove discariche o nuovi termovalorizzatori. In caso contrario la situazione peggiorerà e a pagarne le spese saranno come al solito le imprese».
Come vede il futuro delle imprese marchigiane?
«Mi auguro un futuro roseo legato alla crescita e al consolidamento per tutte le aziende anche a quelle che si occupano di sub fornitura. Per le Pmi il futuro è rimanere agganciati alle grandi imprese, stando al passo con l’innovazione e combattendo l’eccessiva frammentazione, oltre alle ridotte dimensioni aziendali che non aiutano a competere secondo le logiche della globalizzazione. È auspicabile uno slancio verso aggregazioni societarie e un naturale sviluppo dimensionale sfruttando gli strumenti che la finanza attualmente mette a disposizione come mini bond, fondi europei, oltre all’apertura agli investitori esterni».
Come è possibile, dunque, essere competitivi nonostante le “dimensioni”?
«Occorre innovare. Le piccole imprese garantiscono ottimi livelli nei servizi e nei prodotti, oltre ad avere un buon grado di esperienza e competenze professionali. Una ricetta che permette di sopperire ai deficit dimensionali. Cercheremo di dare un sostegno a queste imprese, specie a quelle con maggiore potenziale innovativo per favorirne crescita e internazionalizzazione».
Cosa consiglia a un giovane che vuole avviare una impresa?
«Le Marche sono protagoniste nella nascita delle start-up, ma purtroppo in Italia la mortalità di queste imprese è ancora troppo alta. Invito chi ha una idea e voglia di concretizzarla a partecipare ad AdottUp, il programma di Confindustria che favorisce contaminazione e incontro tra start-up ad alto potenziale di crescita e imprese. Inoltre è sempre importante l’affiancamento fornito dall’associazione, fondamentale specie nelle fasi iniziali».
C’è una persona o un imprenditore da cui ha imparato molto per la sua professione?
«È soprattutto l’esperienza ventennale in Confindustria ad avermi aiutato moltissimo, sia in termini di crescita personale che aziendale; poi il confronto costante con altri colleghi imprenditori, anche di settori completamente diversi ma accomunati da problematiche condivise».
Da imprenditore qual é il suo sogno?
«Poter vedere quanto prima l’azzeramento del gap negativo nel confronto con le altre nazioni europee in termini di burocrazia, tassazione, costo energetico e costo del lavoro. Un superamento che permetterebbe alle aziende italiane di fare un balzo in avanti per consolidare e migliorare quel secondo posto come manifattura europea che deteniamo e rivendichiamo con grande orgoglio».