ANCONA – Dal ruolo del sindacato in una fase storica complessa per l’economia e per la tenuta democratica, ad una panoramica sul contesto internazionale, per poi puntare l’attenzione a quello nazionale fino a restringere il cerchio arrivando ad analizzare il contesto regionale. È l’excursus compiuto oggi, 31 gennaio, dal segretario generale uscente Cgil Marche, Giuseppe Santarelli al 13esimo congresso regionale della Cgil Marche alla Mole Vanvitelliana di Ancona, presente il segretario nazionale Emilio Miceli.
Tra le sfide principali tracciate da Santarelli per le Marche c’è il lavoro, da qui la proposta di lanciare un «patto per il lavoro di qualità» che possa contrastare il precariato. Il segretario generale uscente di Cgil Marche ha evidenziato «il declino economico in cui versa la regione, per questo occorre stringere un patto per il lavoro che coinvolga imprese, associazioni, enti locali, università e regione».
Il segretario Cgil Marche ha rimarcato: «Abbiamo perso ben 24 punti percentuali di Pil procapite in 20 anni, -16% di perdita di valore aggiunto della nostra economia. Le Marche sono diventate una terra di conquista dove i grandi marchi colgono i vantaggi legati alla professionalità: oltre 60 imprese sono passate di mano da proprietà marchigiane a grandi multinazionali o a fondi finanziari tra il 2005 e il 2021».
Attenzione è stata posta anche al mondo giovanile e su questo tema la priorità delineata da Santarelli è stata quella di arrestare la ‘fuga dei cervelli’. «Nelle Marche in soli 10 anni – ha detto – oltre 20mila giovani tra i 18 e i 39 anni si sono trasferiti all’estero, quasi il 65% sono italiani». Un’emorragia che sottrae «quasi un 40% di neo laureati che decidono di trasferirsi fuori dall’Italia» dove trovano maggiori possibilità occupazionali, più stabili e remunerate.
I giovani e il lavoro
Santarelli ha poi citato le previsioni Istat per cui si perderanno altri 45mila residenti entro il 2031 e tra 10 anni aumenteranno di 50mila unità gli ultrasessantacinquenni. Il tasso di disoccupazione giovanile è al 17%, oltre la media Ue, l’incidenza dei neet è del 16% e in 10 anni, è stato perso il 20% di contratti a tempo indeterminato tra i giovani sotto i 29 anni e 10 punti percentuali di lavoro stabile: quasi la metà dei lavoratori marchigiani under 29 lavora part time e quasi la metà a tempo determinato, mentre sono solo 63 i giovani sotto i 29 anni a ricoprire ruoli dirigenziali. Troppo povere le retribuzioni con una media 19.400 euro lordi annui, sotto la media nazionale e anche rispetto alle regioni del centro. Gli under 29 percepiscono uno stipendio lordo annuo di 11mila euro.
Le donne e il lavoro
L’altra questione cara al sindacato è la parità salariale e di carriera per le donne. «Il 66% delle donne lavorando a termine o a tempo parziale e guadagnano 7.300 euro annui meno degli uomini, un contesto all’interno del quale in alcuni casi si è sviluppata violenza domestica. L’indipendenza economica – ha osservato Santarelli – è la prima leva per sottrarre la donna alla spirale della violenza».
Per quanto riguarda le imprese marchigiane, ha detto «no alle risorse a pioggia. Servono politiche utili a rendere le aziende più competitive per bloccare la fuga degli imprenditori. Bisogna puntare sulle infrastrutture materiali e immateriali, mentre per ora la Regione ha dato solo risposte campanilistiche». Nelle Marche, arriveranno ingenti risorse: fondi tra i 23 e i 25 miliardi dal Pnrr al fondo complementare, fino ai fondi per il sisma e alle altre risorse europee.
Le Marche e la sanità
Giudizio «negativo sulla sanità». Santarelli ricorda «avevamo chiesto di soprassedere sulla legge di riforma del sistema sanitario regionale, ma sono andati avanti e il 1° gennaio non c’erano ancora i direttori delle Ast. Non c’è stato confronto né chiarezza ed ora la sanità ‘fa acqua’ da tutte le parti». «Si continua ad alimentare l’illusione che possono esserci più ospedali – ha concluso – ma entro tre anni nelle Marche andranno in pensione oltre 2.000 infermieri e oltre 600 medici. Il sospetto è che si stia dando spazio ad una maggiore privatizzazione».