ANCONA – Più ombre che luci dalla prima settimana della Cop26. La Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che si sta svolgendo a Glasgow sotto la presidenza del Regno Unito, non soddisfa il movimento ambientalista Fridays for Future, costituito da studenti e alunni che rivendicano azioni concrete e urgenti per arrestare il riscaldamento globale e il cambiamento climatico i cui effetti sono già evidenti in diversi Paesi.
Se ancora non c’è niente di definitivo, dal momento che «le vere decisioni saranno prese durante la seconda settimana» spiega l’attivista marchigiana Francesca Bompadre, quando arriverà la dichiarazione condivisa, intanto però la prima cosa che salta all’occhio di questi primi giorni di incontri «è la grande assenza dei leader di Cina, Russia e Brasile» alcuni tra i Paesi considerati grandi inquinatori. «Sono assenze importanti» afferma, che lasciano presagire un mancato impegno sul fronte della decarbonizzazione.
«Per ora molti slogan, ma ancora niente di concreto – prosegue – Al momento non c’è nessuna dichiarazione sconvolgente che abbia cambiato la direzione di questa Cop», insomma una conferenza che per ora è più «una passerella» per i leader che altro.
«Positivo» afferma l’esponente dei Fridays for Future, l’impegno a limitare il riscaldamento globale al di sotto di 1,5 gradi, «una buona notizia anche il fatto che l’Italia alla fine abbiamo deciso di firmare l’impegno a interrompere nel 2022 i finanziamenti pubblici per i combustibili fossili. Speriamo che a convincere i leader politici italiani siano state anche le nostre manifestazioni in piazza».
Tra le note dolenti il fatto che «ancora non si trovi la quadra sui 100 miliardi di sostegno ai paesi sud globale per uscire dal fossile: paesi come Vietnam e Indonesia hanno varato un piano di decarbonizzazione che metteranno in pratica solo se riceveranno aiuti».
Inoltre evidenzia il fatto che «ancora non abbiamo una data di abbandono del carbone, un fatto gravissimo – spiega – , Oltretutto occorre considerare che si tratta di impegni e non di atti vincolanti: in caso di violazione da parte dei Paesi non scattano sanzioni e questa è una delle grandi limitazioni di queste conferenze. In questo modo, per verificare il rispetto degli accordi, continuerà ad esserci bisogno della spinta dei Movimenti che devono mantenere un monitoraggio».
Il tema delle emissioni è cruciale e secondo Bompadre, occorre «uscire dalla logica di produrre energia solo da carbone e petrolio, non possiamo più puntare su queste fonti. Dobbiamo entrare in una logica di produzione differenziata su più fonti, con solare ed eolico con un ruolo centrale». Fonti naturali che però vanno affiancate anche «da altri sistemi di produzione. Il biogas non basta, perché non può sopperire a tutto il fabbisogno energetico».
Nella giornata della Cop26 dedicata ai trasporti, l’esponente Fridays for Future evidenzia che occorre «ripensare il sistema dei trasporti, incluso quello delle merci, e quello produttivo, non sostenibile. Non si può pensare di produrre il cotone in Africa, per trasportarlo in Asia dove diventa tessile e poi spostarlo in un altro paese dove viene tagliato e cucito. Bisogna ripensare radicalmente e localmente l’attuale sistema di produzione. La transizione non è solo tecnologica, serve un profondo ripensamento del nostro sistema economico e sociale».