ANCONA – Il 2023 sta diventando l’anno più caldo. Ad accertarlo sono i dati di Copernicus, l’Osservatorio Europeo sui cambiamenti climatici. Il mese di ottobre è stato il più caldo mai registrato al mondo ed ha superato di 1,7 gradi la media delle temperature registrate nello stesso mese negli anni tra il 1850 e il 1900. La media di 15,38 gradi sulla superficie terrestre rilevata nel mese è risultata essere superiore di 0,4 gradi rispetto all’ottobre del 2019, quando si registrò un record.
«Ormai negli ultimi 10-12 anni stiamo assistendo ad una crescita stabile delle temperature – evidenzia il meteorologo Giorgio Passerini, docente di Fisica all’Università Politecnica delle Marche – se prima queste anomalie erano occasionali adesso il fenomeno ha assunto una connotazione stabile e ogni anno si battono nuovi record. L’eccezionalità è legata anche all’entità del riscaldamento che sta superando sulla superficie terrestre 1,5 gradi».
Secondo il metereologo molte delle tappe del global warming ipotizzate come scenari per gli anni 2050 e 2100 sono praticamente o raggiunte o dietro l’angolo «il climate change è ormai qua – spiega – e gli effetti li stiamo già vedendo. I ghiacciai europei fra 10-15 anni non ci saranno già più». Il professor Passerini evidenzia che è in atto un doppio ‘circolo vizioso’ scatenato dal cambiamento climatico che a sua volta non fa altro che innescarne ulteriori effetti.
I ghiacciai si sciolgono
«I ghiacciai – spiega – riflettono il calore del sole, mentre il suolo nudo lo cattura, incamerandolo e poi rilasciandolo, nell’atmosfera con la conseguenza di aumentare il global warming. Un trend che sta interessando anche l’Artico e che comporta il riscaldamento dell’Oceano che a sua volta innesca una serie di reazioni a catena».
Il metereologo Passerini evidenzia che l’altro effetto prodotto dallo scioglimento dei ghiacciai è il rilascio del metano in atmosfera, un gas serra che non fa altro che aumentare ancora di più il riscaldamento climatico, con conseguenti eventi estremi, alternati a periodi siccitosi e molto caldi. Il cambiamento climatico «ha messo in crisi anche i modelli previsionali che non riescono più a fare previsioni affidabili neanche sul breve periodo».
Clima e responsabilità collettiva, serve un’azione urgente
«Il clima sta cambiando con grande velocità – spiega l’esperto – tutto quello che possiamo fare va fatto e il più rapidamente possibile. Bisogna abbandonare i combustibili fossili (petrolio, carbone, metano, gas naturale, ndr) in favore delle energie rinnovabili come l’eolico e il solare. Negli ultimi tempi si è tornato a parlare di nucleare, ma bisogna tenere conto del fatto che servirà almeno un decennio prima di poter utilizzare effettivamente l’energia atomica, mentre le rinnovabili possono essere usate immediatamente».
Il ‘limite’ delle fonti rinnovabili è rappresentato dalla loro discontinuità, ma «anche se non sono stabili dobbiamo cambiare approccio e agire subito ricorrendo a tutte le fonti energetiche non inquinanti immediatamente disponibili, non c’è altra strada. Dobbiamo capire che ci aspetta un percorso in salita fatto di eventi meteorologici eccezionali, con lunghi periodi caldi e siccitosi ed altri con eventi estremi».
Cosa possono fare i cittadini? «Possono dare il loro contributo con la raccolta differenziata, cercando di limitare l’uso delle auto in favore dei mezzi di trasporto pubblico, come i treni, oppure ricorrendo al car-sharing o al car-pooling (auto condivisa, ndr). Anche quando si acquista un’auto bisogna considerare questi elementi e compredere che più un’auto è grande più pesa e più inquina. Un’auto a gasolio inquina 20 volte di più rispetto ad un’auto a benzina».
Sia per quanto riguarda le auto che per il riscaldamento domestico la strada da perseguire dovrebbe essere quella «dell’elettrificazione. Un caminetto o una stufa a biomassa (legno e pellet, ndr) inquinano come 100 caldaiette a gas. I cittadini devono avere un approccio consapevole nella vita di tutti i giorni». Solo in questo modo, con l’impegno di ciascuno, si potrà affrontare la crisi climatica.