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Coronavirus, Clementi: «Farmaci e vaccini, armi preziose»

Il direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Ospedale San Raffaele di Milano fa il punto su farmaci, riapertura scuole e andamento del virus

ANCONA – È dai farmaci che potrà arrivare la prima vera arma efficace a contrastare il coronavirus. È quanto sostiene il professor Massimo Clementi, direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Ospedale San Raffaele di Milano.

Fra le sostanze terapeutiche disponibili c’è il Remdesivir, non una nuova “conoscenza”, ma un farmaco «già sviluppato per il trattamento dell’Ebola, che impedisce la replicazione del virus e funziona benissimo anche su Sars e Mers» spiega Massimo Clementi, nel puntualizzare che, nonostante si tratti di una terapia «abbastanza costosa», se usata «precocemente risulta efficace».

Gli anticorpi monoclonali umani invece «bloccano il virus e lo neutralizzano sia in termini preventivi che sui malati». Poi l’interferone beta, «utilizzato per curare la Sclerosi a placche, che ha dimostrato una particolare efficacia nella ricerca in vitro» nell’ambito di uno studio in corso all’Ospedale San Raffaele.

Insomma, «c’è tanta carne al fuoco e, accanto ai farmaci, c’è anche la speranza che arrivi presto un vaccino. Sviluppare farmaci è di vitale importanza – prosegue – perché se in futuro ci saranno infezioni da coronavirus diversi, saremo pronti. Non è fantascienza dato che solo nei pipistrelli ne esistono più di 70 specie diverse. I farmaci antivirali saranno quindi armi preziose».

Massimo Clementi, direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Ospedale San Raffaele di Milano

Sull’impatto della riapertura delle scuole nell’evoluzione della pandemia, il professor Clementi spiega che «il rischio per i bambini è relativamente basso, ma possano essere un vettore per gli adulti: la scuola deve restare aperta e, anche se ci potranno essere momenti in cui alcune classi resteranno chiuse per quarantena, l’obiettivo è quello di andare avanti», poi il virologo pone l’accento sulle norme «non sempre chiare» e spiega che sulla base dell’esperienza di paesi come la Francia l’aumento dei positivi potrebbe attestarsi tra lo 0,3 – 0,4%.

In ogni caso Clementi rimarca come, rispetto al marzo scorso, «non ci sono più gli ospedali sotto pressione, e sappiamo affrontare meglio l’infezione che dobbiamo gestire riconoscendo e isolando tempestivamente i focolai». L’obiettivo è quello di non arrivare a quei casi gravissimi che hanno contraddistinto le prime fasi della pandemia, quando la tempesta citochinica innescava la patologia». La situazione non è preoccupante, nonostante da metà luglio i casi siano leggermente cresciuti, ma «il 95% delle persone infettate è asintomatico o poco sintomatico: siamo messi meglio di altri paesi come la Francia, dove si registrano fino a 10mila casi al giorno».