ANCONA – Separate per decreto. Si sono ritrovate così le coppie non conviventi con il deflagare dell’epidemia di coronavirus che ha riempito gli ospedali italiani, mietendo vittime. Le misure restrittive imposte per limitare la diffusione del virus, impedendo gli spostamenti, hanno di fatto segregato le persone in casa e troncato di netto ogni relazione i cui protagonisti avessero un domicilio diverso.
Una situazione che all’inizio sembrava temporanea e che invece si è protratta per ben due mesi confinando ognuno sotto il proprio tetto. Certo la tecnologia avrà dato una mano, ma a parte videochiamate e sexting (scambio di messaggi erotici) la distanza fisica non si è accorciata. Ora però con la fase due, scattata da lunedì, 4 maggio, queste coppie possono finalmente incontrarsi dopo due mesi di lockdown che per loro, oltre ad aver rappresentato una paralisi produttiva, sono stati anche una paralisi sessuale.
Sarà così semplice rivedersi? Non per tutti. È questa la risposta secondo la sessuologa Marianna Agostinelli. «Alcune coppie – spiega – avranno un risveglio del desiderio mantenuto costante nell’attesa del momento in cui si sarebbero potuti sfiorare nuovamente. Il fatto di non potersi toccare può aver aumentato il desiderio sessuale dando luogo ad una ripresa della fisicità, ma per altre coppie può accedere l’opposto».
Infatti come spiega la sessuologa «ci sono persone che hanno vissuto male questo periodo di quarantena e in loro può scattare la paura del contagio». Un timore, che come osserva la sessuologa, «può far emergere una certa inibizione nel toccarsi».
Insomma la fase due non si prospetta affatto semplice sotto le lenzuola, ma del resto «era prevedibile, visto il bombardamento mediatico al quale siamo stati sottoposti e con il quale ci hanno chiesto di restare a casa, di mantenere le distanze». Una distanza che alla fine si è venuta a creare anche a livello psicologico e che rischia di bloccare l’intimità. «Nell’intimità è impossibile mantenere la distanza imposta dal decreto, c’è quindi un limite da superare, un limite che nella coscienza può agire da inibitore».
Ma se per le coppie si tratta di ripristinare un “dialogo fisico”, per i single la situazione è ben più complessa. Dopo essere stati confinati in casa per due mesi, la fase due per loro rischia di non aprirsi affatto sul fronte delle relazioni. Se in quarantena le uniche occasioni di nuove conoscenze sono state quelle offerte dal web, ora il fatto di dover continuare a mantenere un distanziamento sociale crea una inibizione della socializzazione. Una situazione resa ancora più pesante dal fatto che tra i congiunti non sono stati inclusi gli amici, confinando ulteriormente i single in una solitudine profonda.
«Per loro non è cambiato niente e anche se si può uscire di casa, le relazioni sociali sono castrate e le limitazioni non permettono di avvicinarsi agli altri». Cosa può scattare? «Senso di solitudine, sintomi depressivi. Poter uscire ma non poter conoscere persone nuove può accentuare un vissuto di solitudine già vissuto in quarantena». Una situazione che protratta nel tempo può sfociare in manifestazioni di disturbi post traumatici, depressioni e altri disagi.