Ancona-Osimo

Coronavirus e figli di genitori separati, ecco le regole per la frequentazione

Le limitazioni agli spostamenti rischiano di complicare la gestione dei minori. Ne abbiamo parlato con l'avvocato Massimo Micciché, segretario nazionale e presidente della Sezione Distrettuale di Ancona dell'Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani

ANCONA – Con le misure restrittive imposte per limitare la diffusione dell’epidemia di Coronavirus per molte famiglie separate e con minori la gestione dei figli rischia di complicarsi e di far esplodere quelle tensioni già latenti. Nel decreto varato dal presidente del Consiglio dei Ministri l’8 marzo (articolo 13) e poi con le disposizioni successive il governo ha previsto la possibilità per il genitore non collocatario, cioè quello con cui figli non vivono in modo prevalente, di spostarsi sia per andare a trovare i figli che per prelevarli e tenerli con sé, nel rispetto di quanto stabilito in fase di separazione.

Sulla questione era poi intervenuto anche il Tribunale di Milano con una sentenza dell’11 marzo nella quale aveva stabilito che il diritto dei figli a frequentare entrambi i genitori prevale sulle restrizioni degli spostamenti. Il Tribunale di Bari invece è andato in direzione opposta e nei giorni scorsi ha vietato ad un genitore non collocatario di incontrarsi con il figlio: nel caso specifico il genitore lavora in un call center a contatto ravvicinato con molte persone, quindi con un elevato rischio di contrarre il virus.

«Dal punto di vista normativo, la regola è quella dell’affidamento condiviso, con diritti e doveri paritetici per ciascuno dei genitori, per la cura e l’educazione dei figli» commenta l’avvocato Massimo Micciché, segretario nazionale e presidente della Sezione Distrettuale di Ancona dell’Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani.

«I genitori si trovano a dover prendere in considerazione due aspetti e cioè da una parte l’obbligo di garantire il diritto alla bigenitorialità e dall’altra il rispetto del diritto alla salute dei figli e-o degli altri familiari – prosegue -, principalmente quelli più anziani e, come tali, esposti al rischio di contagio in misura maggiore».

L’avvocato Massimo Micciché

Certo è che non è semplice per le famiglie mediare fra le diverse esigenze, cioè garantire ai figli di frequentare entrambi genitori e allo stesso tempo il diritto alla salute del minore che in questa maniera potrebbe essere esposto maggiormente al rischio di contagio. «Si pone l’esigenza e la difficoltà di bilanciare più diritti e doveri – puntualizza il legale – con situazioni, a seconda del caso concreto, diverse e specifiche: i genitori possono abitare vicino ai figli, ma anche in comuni diversi o addirittura in altre regioni; ci possono essere famiglie con figli unici o con più figli, i minori possono essere quasi maggiorenni o molto più piccoli; uno o entrambi i genitori può accadere che vivano in  appartamenti molto piccoli oppure presso i loro genitori anziani, o invece che abitino in appartamenti spaziosi e comodi».

Insomma un ginepraio di situazioni nel quale il buon senso dei genitori dovrebbe fare da bussola. «Le disposizioni normative sono generali ed astratte e non fanno distinzioni – prosegue l’avvocato Massimo Micciché – , occorre, quindi, trovare la soluzione giusta per ogni caso concreto, evitando la compressione irragionevole dei diritti».

Il legale spiega che «ci sono situazioni in cui i genitori non collocatari hanno deciso di sospendere il proprio diritto di visita e mantenere contatti quotidiani e frequenti con i figli utilizzando la tecnologia a disposizione»: una soluzione attuata sia per difficoltà logistiche che per evitare di esporre i figli o altre persone al contagio, mentre in altri casi «hanno invece deciso di andare a prendere i figli, anche fuori città, a fronte del decreto del Governo».

Un momento molto difficile nel quale però gli avvocati si sono dati delle linee guida per orientare i propri assistiti se proseguire nelle visite o  sospendere la frequentazione con i figli. Fra le discriminanti la distanza tra il domicilio del genitore prevalente e quello del genitore collocatario: «nell’ipotesi in cui è superiore ai 30 km sì sconsiglia di andare a prendere i figli dall’altro genitore», osserva l’avvvocato Micciché. Ma al centro dell’attenzione dei legali c’è anche la situazione del nucleo familiare del genitore non collocatario che nel caso in cui vivano anche persone anziane, «la soluzione più corretta e preferibile è di evitare di metterli in contatto con i figli». Anche la dimensione dell’abitazione può incidere. Infatti nel caso in cui il genitore che non ha la collocazione prevalente viva in appartamenti molto piccoli «si rende problematico il mantenimento della distanza di sicurezza tra i minori e l’eventuale nuovo partner del genitore non collocatario e anche questa situazione potrebbe rendere sconsigliabile di portare i figli a casa». Invece nel caso in cui l’età del minore sia inferiore ai 5 anni «si suggerisce di evitare comunque gli spostamenti».

Infine quando il genitore non collocatario è stato a contatto con persone contagiate oppure ha accusato disturbi o se conduce una vita lavorativa che lo pone a stretto contatto con un ampio numero di persone, «è identicamente sconsigliato tenere i figli con sé» spiega il legale.

Una situazione che, spiega l’avvocato, si complica ulteriormente quando «manca un provvedimento del giudice», come ad esempio in una separazione di fatto, oppure al termine della convivenza e anche nei casi di genitori non sposati in attesa della separazione o del provvedimento che stabilisca le disposizioni per l’affidamento dei minori. «È evidente che non si può operare una discriminazione in base all’esistenza o meno di una decisione dell’autorità giudiziaria sull’affidamento, poiché sarebbe irragionevole – spiega il legale -. La questione è stata risolta dal governo, con un criterio di buon senso, all’interno delle FAQ pubblicate sul sito istituzionale il primo aprile 2020, in cui viene ribadito che gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore oppure per condurli presso di sé sono consentiti, anche da un comune all’altro, nel rispetto di tutte le prescrizioni di carattere sanitario e secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione o divorzio  ma anche in assenza di tali provvedimenti, secondo quanto concordato tra i genitori».

In questi casi l’accordo fra i genitori «può sostituire la mancanza di una pronuncia giudiziale, purché sia in forma scritta, anche mediante uno scambio di email tra i loro avvocati o tra i genitori stessi e specifichi, maniera puntuale, i modi e i tempi degli spostamenti dei figli minori. Lascia invece molto perplessi – conclude il legale – quanto scritto sul sito istituzionale del Viminale nella settimana scorsa circa la possibilità di far uscire il figlio minorenne insieme a un genitore, per una breve passeggiata, a fronte di un ordine di rimanere a casa salvo situazioni di necessità per evitare la diffusione del contagio del Covid-19. Si tratta di una “concessione” di fatto antitetica alle prescrizioni vigenti per contenere la pandemia e, a parere dello scrivente, contraria in molti casi al buon senso».