Ancona-Osimo

Estate in arrivo, come evolverà il coronavirus? L’infettivologo Andrea Giacometti fa il punto

Il primario della Clinica di Malattie Infettive di Torrette delinea gli scenari che potranno attenderci nei prossimi mesi, ma parla anche dell'immunità al virus e dei casi di Kawasaki registrati nei bambini

ANCONA –  «L’epidemia non si fermerà all’improvviso». A dirlo è il primario della Clinica di Malattie Infettive degli Ospedali Riuniti di Ancona, Andrea Giacometti nel commentare lo studio dei professori Carl T. Bergstrom, professore di biologia all’Università di Washington, e Natalie Dean, assistente di biostatistica presso l’Università della Florida, secondo cui l’epidemia di coronavirus non si fermerà all’improvviso una volta raggiunta la soglia di immunità di gregge (capacità di un gruppo di resistere ad un virus una volta sviluppata l’immunità). Secondo quanto riportato sul New York Times nei giorni scorsi, in assenza di un vaccino, per avere una immunità di gregge, l’infezione da Coronavirus deve essere contratta così da consentire la produzione di anticorpi contro un contagio futuro. Sebbene questo dia speranza, gli scienziati non sanno ancora quanto potrà durare questa immunità nel caso del Covid-19, dal momento che si tratta di un virus nuovo.

«L’immunità di gregge non sarà raggiunta all’improvviso – osserva il professor Andrea Giacometti – . Anche qualora la percentuale dei soggetti protetti da anticorpi neutralizzanti fosse superiore al 60-70%, ci sarà sempre una quota di popolazione che potrà contrarre l’infezione e questa, a meno che il virus non sia mutato in forma meno aggressiva, potrà manifestarsi anche con quadri clinici gravi».

Insomma la fase due andrà gestita con molta cautela per evitare un eventuale colpo di coda del virus. I test sierologici potranno aiutare a gestire questo momento?
«Se affidabili e validati, potranno rilevare chi ha prodotto anticorpi neutralizzanti il virus SARS-CoV-2. Sebbene ci sia ancora dibattito circa la reale efficacia di questi anticorpi e la durata della protezione da essi garantita, è chiaro che a parte rare eccezioni saranno in grado di proteggere almeno per diversi mesi. Il test – prosegue Giacometti – , oltre che per fini epidemiologici nella popolazione generale, dovrebbe essere effettuato primariamente sugli operatori sanitari e sulle forze dell’ordine. È importante che venga offerto anche ai lavoratori in generale: le aziende potranno così richiamare al lavoro chi è protetto da tali anticorpi. È utile capire che chi ha anticorpi neutralizzanti è altamente improbabile che possa trasmettere il virus, indipendentemente dal risultato del tampone: questo, infatti, può rilevare anche solo tracce, frammenti del virus, ossia virus morti che non sono pericolosi per gli altri».

Ritiene che il calo dei contagi derivi dalle misure restrittive o anche il clima più caldo può aver avuto un ruolo?
«A mio avviso il calo dei contagi in Italia è conseguente alle misure restrittive. Riguardo all’effetto del caldo sul virus non c’è consenso fra gli scienziati. Personalmente credo e spero che comunque contribuirà a rallentarne la diffusione, come accade per tutte le malattie infettive “invernali”».

Negli ultimi giorni si è parlato molto dell’ipotesi di andare alle urne nel mese di luglio piuttosto che in autunno, qual’è il suo parere?
«Si potrebbe votare anche a luglio se venissero osservate le opportune misure precauzionali nei seggi elettorali. Non è corretto sostenere che ad ottobre la situazione sarà più tranquilla: è il periodo in cui ripartono le malattie “invernali”, non è detto che il virus sarà già mutato in forme meno aggressive, sarà ancora troppo presto per un vaccino efficace (forse lo avranno scoperto, ma produrne milioni-miliardi di dosi è un’altra cosa)».

Andrea Giacometti, professore di Malattie Infettive e Pneumologia presso l’Università Politecnica delle Marche

Eppure il Governo aveva dichiarato lo stato di emergenza fino al 31 luglio.
«Forse lo stato di emergenza sarà prorogato. Comunque anche dopo il 31 luglio la vita non sarà più come prima. A meno di un qualche miracolo “mutazionale” che trasformi il virus in un pacifico agnellino, credo che per molti mesi ancora non si ritornerà alla norma».

Insomma anche se la situazione sta migliorando decisamente, non solo sul fronte dei contagi e decessi che sono in calo, ma anche sulle terapie intensive che si stanno lentamente svuotando, non si potrà ancora stare tranquilli, anzi bisognerà mantenere alta la guardia.

A turbare i sonni di alcuni genitori, i presunti casi di Sindrome di Kawasaki legati al coronavirus nei bambini, segnalati nel bresciano, ma anche negli Stati Uniti. Che ne pensa professore?
«La sindrome di Kawasaki è stata descritta da decenni e colpisce pressoché esclusivamente bambini fino a 5 anni, sebbene le conseguenze si possano protrarre per diversi anni. Non è stata mai chiarita l’eziologia della Kawasaki, anche se molti indizi lasciano supporre che all’origine ci sia una infezione: compare febbre, congiuntivite, infiammazione della mucosa oro-faringea, esantema di vario tipo, ingrossamento di linfonodi laterocervicali e, purtroppo, infiammazione di piccole arterie comprese le coronarie. La frequenza è bassa, alcuni casi ogni 100.000 abitanti, ma più spesso i casi vengono diagnosticati in inverno-primavera. Insomma come tante altre malattie infettive. Si è pensato – prosegue – a qualche virus, ma non si è riusciti a dimostrarlo. Certo per tutti i casi diagnosticati in questi decenni non può essere stato il coronavirus Sars-CoV-2, perché ancora non esisteva. È anche vero che da più di 50 anni conosciamo altri coronavirus, meno patogeni (in genere danno raffreddori e faringiti, qualche volta polmoniti). Probabilmente Sars-CoV-2 sarà un altro agente in grado di provocare quella che potremmo chiamare una sindrome Kawasaki-like».