ANCONA – Rallentano moderatamente i nuovi contagi da Coronavirus in Nord Italia. Per la prima volta dall’inizio dell’epidemia, il Covid-19 sembra finalmente allentare un pò la presa sul nostro Paese. Un rallentamento, quello della curva dei contagi negli ultimi 3 giorni, che riguarda soprattutto alcune regioni come spiega Massimo Clementi, direttore di Microbiologia e Virologia dell’ospedale San Raffaele di Milano. Sono soprattutto «Lombardia, con l’esclusione di Brescia, dove l’incremento è ancora abbastanza importante, Veneto e la parte nord dell’Emilia Romagna con Piacenza» a registrare una lieve diminuzione nel numero dei contagi rispetto ai giorni precedenti.
«Un dato positivo» commenta il virologo «anche se ci si poteva aspettare un pò di più in termini di calo, comunque i contagi non sono aumentati. C’è stato un maggior numero di decessi, ma probabilmente per condizioni gravi che erano già ospedalizzate». Una buona notizia che però non deve farci di abbassare la guardia.
Come spiega il noto virologo di origini marchigiane che nel 2003 isolò per primo in Italia il virus della Sars, «ora il pericolo è che queste regioni che per prime hanno pagato il prezzo più alto di questa epidemia, trasferiscano i contagi alle regioni centro meridionali. Il problema è che in alcune regioni non ci sono le stesse strutture ospedaliere per fronteggiare una eventuale epidemia come in Lombardia».
Come potrà evolvere la situazione?
«Bisognerà vedere che cosa determineranno le misure restrittive applicate al nord, dove c’è stata la più alta concentrazione in assoluto di contagi e probabilmente anche di contagi non rilevati. C’è una frammentazioni in Italia, in tante piccole realtà, ma ora è necessario bloccare la diffusione del virus nel centro sud. Già nelle Marche la situazione è preoccupante nel pesarese».
Cosa si può fare per fermare l’avanzata dell’epidemia?
«È necessario fare un’unica cosa: rispettare le misure. Ho visto che sono stare erogate sanzioni in molte città a persone che non si rendono conto della gravità della situazione e che con il loro comportamento possono aggravare la situazione. Importante che ci sia una punizione adeguata».
Cosa ne pensa dell’ipotesi di allargare la platea della popolazione da sottoporre ai tamponi per il Covid-19?
«I tamponi sono utili per individuare i soggetti infetti, ma servono se poi al tampone segue una azione, cioè se dopo aver individuato il soggetto lo isolo e cerco tutti i suoi contatti. Ci deve essere una task force di medici collegati con un laboratorio, come ora propongono in Veneto. Questa task force si deve mettere alla ricerca dei contatti della persona positiva, anche se asintomatica, altrimenti è una misura inutile».
Negli ultimi giorni stiamo assistendo anche a delle guarigioni, c’è il rischio di reinfezione o di riportare una immunodeficienza?
«Chi guarisce davvero ha nel suo sangue gli anticorpi neutralizzanti che uccidono il virus. A volte, nelle fasi finali dell’infezione, il virus può oscillare e quindi ci può essere un tampone falsamente negativo seguito da tampone positivo. Per questo, per essere considerati guariti, è necessario avere due tamponi di seguito negativi. Si può infatti verificare una negatività transitoria, dovuta all’abbassamento del virus che si rialza subito dopo».
È un andamento caratteristico di questo virus?
«Molte malattie virali manifestano un difasismo. Il plasma dei soggetti che hanno superato l’infezione contiene gli anticorpi neutralizzanti che possono essere usati per mettere a punto un farmaco per trattare i malattia. Alcuni centri come l’Ospedale San Raffaele hanno aderito a questa procedura per preparare il plasma da soggetti infettati e guariti».
Quali potrebbero essere i tempi?
«Un trattamento efficace sarebbe quello di individuare un anticorpo monoclonale, ma i tempi potrebbero essere abbastanza lunghi e richiedere diversi mesi o un anno come per il vaccino. Forse la strada dei farmaci può essere la più rapida. L’importante è non farsi trovare impreparati per la prossima epidemia, dal momento che questa epidemia era prevedibile».