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Covid, Dpcm e nuove povertà. Il Banco Alimentare delle Marche: «In aumento le richieste di cibo»

L'emergenza sanitaria con il lockdown e le nuove restrizioni stanno causando una nuova impennata di richieste aiuti alimentari. La Fondazione, abituata a rifornire 310 enti caritativi (per 41mila persone), prevede una nuova ondata fra un paio di settimane

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ANCONA – Cresce la povertà nelle Marche e con i nuovi provvedimenti che hanno imposto lo stop ad alcune attività o riduzione orarie «ci aspettiamo da qui a qualche settimana una nuova ondata di richieste di assistenza». A parlare è Silvia Della Fornace, presidente della Fondazione Banco Alimentare Marche onlus.

La Fondazione, che conta nelle Marche due magazzini di raccolta e distribuzione del cibo, uno a Pesaro e uno San Benedetto del Tronto, solitamente distribuiva oltre 2.300 tonnellate di alimenti in un anno a 310 enti caritativi che fornivano assistenza a 41mila persone, ma nel 2020, con l’arrivo della pandemia di covid-19 e il conseguente lockdown, la situazione è mutata radicalmente. Solo dopo il lockdown c’è stata una impennata di richieste di aiuti alimentari, e da marzo a settembre di quest’anno la crescita è passata dal +40% al +60%. Richieste che arrivano non solo dagli enti caritatevoli, come ad esempio la Caritas, ma anche da privati cittadini che chiedono aiuto per se stessi o per lo familiari.

«Abbiamo aumentato i turni di distribuzione e le quantità di cibo distribuite agli enti caritatevoli – spiega -. Arrivano molte più richieste, anche perché come emerge dai dati, nell’ultimo periodo in Italia si sono persi 500mila posti di lavoro. Ora con l’ultimo Dpcm ci stiamo preparando ad una nuova ondata di richieste che arriveranno tra novembre, dicembre e gennaio».

La presidente della Fondazione Banco Alimentare Marche onlus spiega «stiamo raccogliendo più risorse alimentari possibili e stiamo già avendo più richieste», per fortuna parallelamente a queste nuove povertà cresce anche la generosità delle persone. «Sono cresciute le donazioni da parte dei privati, degli imprenditori e anche il settore della grande distribuzione ci sta dando un grande supporto, aumentando di loro spontanea volontà le donazioni alimentari».

Con la perdita dei posti di lavoro, la cassa integrazione che non è arrivata, sono in aumento esponenziale le persone costrette a chiudere aiuti alimentari, fra loro anche famiglie con figli e persone che in passato erano riuscite a trovare una occupazione, ma che ora si vedono costrette a tornare nuovamente a mangiare alle mense degli enti caritatevoli. «La situazione purtroppo sta degenerando rapidamente – spiega della Fornace -, le famiglie che chiedono aiuto sono aumentate di molto e aumenteranno ancora con i nuovi provvedimenti presi con l’ultimo Dpcm».

La presidente del Banco Alimentare, che è anche responsabile Confartigianato per il settore ristorazione spara a zero contro le chiusure alle 18 e prevede «conseguenze pesanti non solo per gli imprenditori, ma anche per i dipendenti. Si stima che questo porterà ad una uletriore perdita di 350mila posti di lavoro in Italia».

«Un Dpcm che evidenzia come il governo sia completamente distante dal tessuto imprenditoriale italiano, ponendo il problema dell’assembramento nei ristoranti, quando questo non avviene, mentre negli autobus le persone stanno accalcate e su quello non si interviene». Inoltre Della Fornace si dice preoccupata per la rabbia sociale che sta montando in seguito ai nuovi provvedimenti, «una rabbia legata alla disperazione. In 23 anni di attività nel Banco Alimentare non abbiamo mai visto una situazione così, tanto meno dal punto di vista della tenuta sociale: il terzo settore da sempre è un punto di pace e di aiuto, ancora più forte di quello fornito dalle istituzioni. Ci sono tanti nuovi poveri, che prima non lo erano e che hanno vergogna di chiedere aiuto alle istituzioni e vengono a bussare alle nostre porte, ben sapendo che il buono del Comune o dei servizi sociali è insufficiente».

Secondo la presidente della Fondazione, si tratta di provvedimenti «presi dall’alto e senza nessuna concertazione, inoltre è stata indotta una logica dell’assistenzialismo con il reddito di cittadinanza che si è rivelato un flop, visto che molti lavorano in nero e ci sono fra i percettori anche persone non meritevoli. Lo Stato non può fare assistenzialismo, deve creare occasioni di lavoro. Stiamo andando invece in una direzione in cui vengono dettate regole sbagliate, contrarie all’economia e le persone continuano ad impoverirsi: poi dopo aver dato queste regole sbagliate, elargiscono contributi che non sono risolutivi, si tratta di interventi assistenzialisti che non aiutano in modo efficace».

L’auspicata ripresa delle attività economiche dopo l’estate, non c’è stata, evidenzia, «a settembre molte piccole e medie imprese, tante attività commerciali non hanno riaperto» e tra le categorie più colpite ci sono i giovani, il cui tasso di disoccupazione è passato dall’11,2% di febbraio al 17,6% di maggio. Una grande sfida che pone l’importanza della «colletta alimentare che quest’anno è un gesto ancora più indispensabile» conclude.