Ancona-Osimo

Due anni fa il lockdown: ecco cosa accadeva nelle Marche. Il racconto di Mario Caroli, coordinatore del Gores

Il capo del Gores ripercorre le tappe salienti di due anni di pandemia con il primo lockdown e le misure introdotte alcune delle quali ci stanno ancora accompagnando

ANCONA – «Ricordo le chiamate alle 2-3 di notte, perché non c’erano più posti letto nelle rianimazioni, una grande angoscia che ho vissuto insieme ai colleghi del Gores». A due anni dal primo lockdown (11 marzo 2020), il referente sanitario regionale e coordinatore del Gores, Mario Caroli in un flashback, ripercorre i momenti salienti delle prime fasi dalla pandemia, quando il virus è piombato inaspettato nelle vite degli italiani, costringendoci a restare chiusi in casa e rivoluzionando vita sociale e lavorativa.

Chi non ha scolpita nella propria memoria la conferenza stampa dell’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte. trasmessa in diretta Tv il 9 marzo 2020, in cui annunciava agli italiani il primo e storico provvedimento di chiusura, noto con il nome “Io resto a casa” con il quale agli italiani furono vietati gli spostamenti dalla propria abitazione, eccetto che per comprovate ragioni di lavoro, casi di necessità o motivi di salute.

Chi non ricorda le strade di città e paesi completamente deserti, i canti dai balconi, gli arcobaleni disegnati dai bambini, il motto “Tutto andrà bene”, immagini che conserveremo per sempre in un angolo della memoria. Le scuole furono chiuse, così come ristoranti, cinema, discoteche, negozi, imprese, tutte le attività non indispensabili dovettero abbassare le serrande, in un clima tra timore del contagio e sgomento per una fase storica che mai nessuno si sarebbe aspettato di dover vivere.

Smart working, dad, e-commerce e l’autocertificazione per gli spostamenti, si sono insinuati nelle vite di ciascuno di noi, facendo diventare le quattro pareti domestiche il tempio del tutto con il divano come “base operativa” per lavoro e scuola. Chi non ricorda i video tutorial su come realizzare le mascherine con la carta da forno, quando erano un oggetto introvabile, o le ricette per realizzare il disinfettante “home made” per le mani? Dal primo lockdown che avrebbe dovuto durare solo qualche settimana ne siamo usciti solo 69 giorni dopo, il 4 maggio 2020 quando scatta la fase due.

Il Green pass

Dopo una estate tranquilla, l’autunno si fa di nuovo nero, e si ricominciano a contare i morti e i contagi, con il paese che piomba di nuovo tra le spire del virus. Da lì altre ondate si sono succedute, accompagnate però dall’avvio di una campagna vaccinale senza precedenti e dall’introduzione di nuove e discusse misure come il Green pass e il Super Green pass, per arrivare ai giorni nostri. Misure, alcune delle quali che hanno scandito la nostra esistenza, altre che ci stanno ancora accompagnando in vista della fine dello stato di emergenza, che dovrebbe cessare il 31 marzo di quest’anno, anche se negli ultimi giorni i contagi registrano una fase di recrudescenza.

Misure, dicevamo che ci accompagnano da un lungo periodo, contrassegnato da un’emergenza sanitaria senza precedenti con cui oggi ci siamo abituati a convivere, ma che nelle sue prime fasi ha visto gli ospedali al collasso e il sistema sanitario costretto ad una riorganizzazione senza precedenti.

Nelle Marche, nelle settimane precedenti al primo provvedimento di chiusura, il Gores si era riunito per valutare la situazione, un monitoraggio che ancora oggi ci accompagna, e trova forma nella scheda gialla in cui vengono contati contagi, morti e ricoveri.

Mario Caroli, capo del Gores Marche

Gli ospedali carichi di pazienti covid e le rianimazioni piene hanno rappresentato una sfida importante per il sistema sanitario nazionale e regionale, «il ricordo più pesante che ho delle prime fasi della pandemia» ricorda Caroli. «Nelle fasi iniziali dello stato di emergenza (proclamato il 31 gennaio 2020, ndr) – aggiunge – le Regioni non erano preparate a gestire una emergenza del genere: mancavano dispositivi essenziali per il trattamento dei malati covid, come respiratori, ventilatori, ricordo il dramma della carenza di tamponi e reagenti».

Il capo del Gores sottolinea che a livello nazionale non c’era un piano pandemico per la gestione di un’emergenza come quella da Sars-Cov-2 che portò ad «un iper afflusso di pazienti, nelle prime fasi nel pesarese, poi quando l’ospedale ormai non ce la faceva più perché era ormai pienissimo, l’ondata di ricoveri si è spostata sugli ospedali di Senigallia, Torrette e Jesi: in quelle fasi abbiamo cercato di mantenere alcuni ospedali Covid free per dare una risposta anche a tutte le altre problematiche che continuavano ad essere presenti. Ricordo la necessità di dotare gli ospedali di percorsi differenziati pulito-sporco, ricordo l’ospedale da campo installato a Jesi e le tende piazzate davanti al Pronto Soccorso di Torrette».

I medici e i volontari al Paolinelli

Mario Caroli, ha vissuto fin dall’inizio la pandemia nel doppio ruolo, quello di referente regionale del Gores e primario del Pronto Soccorso dell’ospedale di Jesi. Tra le criticità che si è trovato ad affrontare, ricorda quella dello screening all’Hotel House, i Covid Hotel, la nave Costa Magin, che la città di Ancona accolse nel suo porto nonostante il carico di persone contagiate dal virus dopo essere stata rimbalzata da vari porti. «Ci ritrovammo con un’emergenza nell’emergenza, dovemmo infatti testare le 600 persone che erano a bordo della nave in poco tempo, riuscendo a tamponarli tutti e a farli rientrare nei loro paesi».

Le case di riposo e i nuovi farmaci

Poi la gestione dell’emergenza nelle case di riposo, con il supporto della Marina Militare. «Con inizio campagna vaccinale abbiamo iniziato a vedere la luce in fondo al tunnel» osserva insieme all’introduzione dei nuovi farmaci, come «i monoclonali, gli antiretrovirali, una svolta nella gestione della pandemia. Ora siamo nella fase di coda della pandemia – aggiunge – vediamo pazienti che arrivano in Pronto Soccorso per altri problemi» e poi alcuni risultano positivi al tampone, ma sono ricoverati non per malattia da covid ma per altre patologie.

«Dalla tabella gialla (la scheda con il monitoraggio giornaliero di contagi, ricoveri e decessi, ndr) vediamo l’onda epidemica in netto calo, anche se possono ancora esserci dei momenti con piccole recrudescenze, la prospettiva è quella in un mese e mezzo, due mesi, di azzerare le positività al covid, anche se qualche positivo ce lo spettiamo lo stesso e il sistema di allerta e controllo resterà sempre molto elevato».

Un’emergenza che sembra non finire mai, sulla quale si innesta anche quella umanitaria ucraina. «Nel mezzo della pandemia abbiamo gestito anche i profughi afghani, l’emergenza Brucella canis a Senigallia, ora si è aperta l’emergenza umanitaria ucraina» per la quale sono giunte richieste di posti letto per pazienti pediatrici e adulti, i primi dei quali già individuati.