ANCONA – «Nelle Marche c’è un abbattimento del 30% del tasso di mortalità rispetto alla media delle ultime due settimane». Il dato emerge dall’Osservatorio epidemiologico della Regione Marche con il direttore Marco Pompili, che evidenzia un miglioramento nell’andamento della pandemia di covid-19 nelle Marche.
Una riduzione, quella della mortalità, che secondo l’infettivologo Andrea Giacometti ha alla base diverse ragioni.
«I pazienti attualmente ricoverati sono più giovani rispetto a quelli della prima ondata epidemica – osserva -, ma anche rispetto a quelli della seconda: ora la maggior parte dei pazienti ha un’età compresa fra i 45 e i 65 anni, per cui il loro “fisico” è in grado di sopportare meglio non solo la malattia stessa, ma anche le dure procedure e terapie a cui a volte vengono sottoposti».
Inoltre secondo il primario della Clinica di Malattie Infettive di Torrette, «i medici sanno gestire meglio le poche terapie disponibili, non ci si affida più a farmaci in voga nelle prime fasi pandemiche, quali inibitori delle proteasi di Hiv o antimalarici. Tali terapie “copiate” dall’esperienza cinese possono aver contribuito ad aggravare i danni già causati dall’infezione».
Un altro fattore, non trascurabile, è quello che il virus ha già colpito duramente nel nostro Paese andando ad infierire sulle fasce della popolazione più fragili, come gli anziani e le persone affette da patologie importanti, sulle quali ha agito da “detonatore”. «Nelle prime fasi – fa notare il professor Giacometti – la nostra gente ha già pagato il suo tributo di vittime, costituite da soggetti di età molto avanzata e, quindi, con alta probabilità di avere tanti altri problemi di salute. Attualmente i soggetti ultra-ottantenni sono in gran parte vaccinati o si sono immunizzati riuscendo a superare l’infezione».
Insomma la campagna vaccinale che procede ha il suo peso nella lotta alla malattia e ai suoi effetti più gravi. «La campagna vaccinale ha sicuramente i suoi meriti nella riduzione della mortalità. Meriti ne hanno sicuramente anche gli anticorpi monoclonali, ma per il momento è difficile quantificarli perché siamo ancora nelle fasi iniziali del loro utilizzo: a Torrette siamo stati in grado di somministrarli fin dalla seconda metà di marzo, ma altrove hanno iniziato solo pochi giorni fa».
Allo studio delle case farmaceutiche ci sono anche altri farmaci, ma secondo l’infettivologo «è possibile che non si abbia tempo di utilizzarli clinicamente se, come speriamo, la curva epidemica scenderà a valori minimi come è accaduto lo scorso anno».
Intanto nelle Marche se da un lato nelle ultime 8 settimane la curva epidemiologica è in flessione, dall’altro con la ripresa delle lezioni in presenza nelle scuole i casi positivi crescono.
Da qui a qualche settimana cosa dobbiamo attenderci?
«È vero che nelle scuole sono riportati diversi casi di infezione, però teniamo presente che i giovani raramente necessitano di ospedalizzazione, mentre qualora venisse coinvolto qualche soggetto a rischio (anche giovane) possiamo sempre ricorrere ai monoclonali per evitarne il ricovero».
Pensa che il rialzo delle temperature legato alla stagione estiva alle porte potrà avere lo stesso effetto di riduzione sul virus avuto l’anno scorso?
«A differenza di molti sedicenti esperti preferisco non fare previsioni. L’anno scorso c’è andata bene ma uscivamo da un duro lockdown. Quest’anno abbiamo i vaccini: staremo a vedere».