ANCONA – Le dichiarazioni del presidente russo Vladimir Putin circa una mobilitazione parziale in Russia con il richiamo di 300mila militari della riserva e le affermazioni secondo cui userà «tutti i mezzi a nostra disposizione» hanno risvegliato lo spettro di un conflitto nucleare.
«La minaccia di usare il nucleare questa volta pare seria» dice il professor Mauro Gallegati, docente di Economia all’Università Politecnica delle Marche, allievo di Giorgio Fuà ed Hyman Minsky, e visiting professor in diverse università, tra le quali Stanford, Mit e Columbia.
«L’economia russa che andando male – osserva -: la borsa di Mosca da gennaio ha perso quasi la metà del valore. In Italia e nei paesi europei c’è il forte rischio di una recessione economica, perché da una parte i prezzi del gas e delle fonti energetiche hanno subito un grosso incremento e dall’altra si assiste ad un generale rallentamento delle economie».
Insomma la minaccia di Putin questa volta fa tremare ancora di più l’economia occidentale. Nell’argomentare le ragioni di una possibile recessione per l’Italia, chiarisce due aspetti salienti: da un lato «si sono ridotte le esportazioni e si è abbassata la domanda interna» che dunque non riesce a bilanciare le minori esportazioni causate dalle sanzioni alla Russia. Poi l’economista mette sul piatto della bilancia la questione salariale.
«Si è creduto che senza alzare i salari le imprese, con i rincari energetici e di materie prime, potessero essere più competitive – afferma – ma invece con gli stipendi rimasti invariati è rimasta immobile anche la domanda e questo non ha consentito la ripresa del mercato».
Insomma, le famiglie alle prese con i rincari energetici e di carburante e con il carrello della spesa più ‘pesante’ senza poter contare su stipendi adeguati all’inflazione, hanno ridotto i consumi. Un circolo vizioso che apre lo scenario di una recessione. Accanto a questo c’è il tema della «Banca Centrale Europea che per sostenere l’euro ha inondato i mercati di soldi, ma l’inflazione sta aumentando così come tassi di interesse, per cui paesi come l’Italia con un alto debito pubblico devono trovare i soldi per pagarlo».
Secondo l’economista per uscire da questa situazione servirebbe «un trattato di pace immediato o almeno un tetto europeo al prezzo del gas, ma per ora non si è riusciti a farlo. Infine, è ora di dare più soldi ai lavoratori». Se il tetto del gas non dovesse concretizzarsi, conclude, «sarà necessario cambiare stile di vita, adottando comportamenti improntati al contenimento dei consumi». Basterà? «Al 90%, sempre che la guerra non precipiti».