ANCONA – «We need everything». Che tradotto significa «Abbiamo bisogno di tutto, dal cibo all’acqua. Vorremmo dei vestiti per cambiarci e qualche coperta con qualcosa per lavarci. Non abbiamo soldi e ci ripariamo da vento e pioggia con un ombrello, delle buste e alcuni bancali».
Asan è uno dei 5 ragazzi che vivono accampati sotto la palafitta del Passetto. Viene dal Pakistan, ha 29 anni e ha attraversato diverse nazioni prima di arrivare ad Ancona. Benché qualcuno ci abbia sconsigliato di farlo, noi ci siamo avvicinati a quel gruppo di 5 ragazzi che vive giorno e notte sotto la palafitta del Passetto. Alcuni si allontanano, altri sono intimoriti e abbassano lo sguardo, mentre uno di loro ci guarda dritto negli occhi.
Asan indossa da giorni una maglia bianca e dei calzoncini corti. Interloquiamo in inglese: «Siamo qui da qualche settimana». Poi, mostra i cartoni su cui dormono lui e i suoi amici, quasi tutti del Pakistan: «Abbiamo delle coperte, ma qui la notte è freddo e le onde del mare ci bagnano. C’è molta umidità, avremmo bisogno di un luogo al chiuso in cui pernottare in attesa dei documenti».
Chiediamo se sanno dell’esistenza dei dormitori della Caritas. «Ci hanno detto di non avere posto – dice – però mangiamo grazie alla Caritas». Non possiamo sapere se i posti nei dormitori comunali siano esauriti. Non possiamo sapere se quanto riferisce Asan sia la verità, anche perché Emma Capogrossi, assessore ai servizi sociali del Comune di Ancona, aveva sottolineato qualche giorno fa come «i posti nelle strutture dovrebbero esserci».
Strutture che ultimamente, tra l’altro, hanno accolto alcuni richiedenti asilo che dormivano in via Gervasoni, nei pressi della Questura. Ecco, a proposito di Questura: «Ci sono andato due settimane fa – riferisce Asan – e mi hanno dato appuntamento tra un mese. Di conseguenza, dobbiamo aspettare e non sappiamo dove andare». Certo è che lì, alla palafitta, di volontari o associazioni di strada nemmeno l’ombra. Fino a ieri mattina, alle 11.30, non si è visto nessuno. La conferma arriva da Asan: «No, non ho visto nessuno, nemmeno la polizia. Però, non possiamo vivere in questo modo. Vorremmo stare al chiuso, in una sorta di flat (appartamento)».
Il 29enne ha attraversato molte nazioni e mostra i segni tra le dita dei piedi distrutti dalla fatica: «Sono partito dal Pakistan, sono arrivato in Iran, poi ho toccato la Turchia e sono giunto in Grecia. Dalla Grecia alla Macedonia e dalla Macedonia alla Serbia, passando per la Bosnia e la Tunisia. Dopo Milano, sono arrivato ad Ancona. Ho viaggiato spesso a piedi, è stata dura. Guarda, ho delle ferite tra le dita».
Dal punto di vista igienico e sanitario, quell’accampamento non è il massimo. «Ci laviamo in mare, ma usiamo i bagni pubblici sotto la scalinata. Dalla palafitta, alcune persone ci hanno dato della citronella per allontanare le zanzare. Grazie alla candela, possiamo illuminarci finché non si spegne. È poco umano vivere in questo modo. Vi prego, aiutateci».