ANCONA – «La dad è inutile perché stare cinque ore davanti ad un computer, anche per studenti come me che hanno una media dell’otto, sta diventando veramente pesante: già dalla seconda ora si perde l’attenzione e anche i professori fanno fatica a spiegare gli argomenti più volte». Nello sfogo di Emma Brilli, studentessa al terzo anno del Liceo Scientifico Galilei di Ancona, c’è tutta l’amarezza che accomuna tanti studenti italiani costretti a seguire le lezioni a distanza.
Proprio per chiedere il ritorno sui banchi questa mattina, 26 marzo, ad Ancona, in Piazza Roma, si è tenuta una mobilitazione con sciopero dei docenti e della dad, indetto dal sindacato Cobas e dal Coordinamento Nazionale Precari della Scuola (CNPS). Docenti, genitori, studenti e Cobas sono scesi in piazza uno affianco all’altro, in contemporanea con altre 60 piazze italiane, per dire no alla didattica a distanza. Nel capoluogo si son ritrovate quasi 200 persone, inclusi studenti e bambini costretti a casa dalla chiusura delle scuole.
Una iniziativa che è stata appoggiata anche dal Comitato Priorità alla Scuola, dal coordinamento Studenti Uniti – Stop Dad, da movimenti politici come Potere al Popolo Marche, Pci Marche, Prc Marche, Altra idea di Città, dai Centri Sociali Marche, oltre che dal mondo dell’associazionismo come Movimento di Cooperazione Educativa Marche e dai movimenti femminili Rete “molto più di 194” e Nate Intere.
No alle classi pollaio, più assunzioni e ripresa delle lezioni in presenza sono le principali richieste che hanno spinto Cobas, movimenti e comitati a scendere in piazza. Il Comitato Priorità alla scuola in particolare ha contestato il fatto che mentre gli istituti sono rimasti chiusi troppo a lungo «le principali attività economiche e produttive sono rimaste aperte – lamenta Silvia Mariotti -, una scelta politica facile e senza costi per lo Stato, che però scarica tutti i problemi sulle spalle di genitori e studenti alle prese con crescenti problemi di ritardi nella formazione e disagio psicofisico».
Tra le richieste avanzate dal Comitato c’è anche quella che parte delle risorse del Recovery Fund siano destinate al rilancio della scuola pubblica, che vengano banditi nuovi concorsi per l’assunzione di personale e interventi sull’edilizia scolastica per garantire sicurezza e spazi idonei. Uno dei nodi sui quali puntano il dito i portavoce del comitato sono le classi “pollaio”, un sovraffollamento che chiedono di contrastare riducendo a 20 il numero massimo di alunni per classe, 15 nel caso ci siano anche alunni speciali.
«Dobbiamo vincere la battaglia sul Recovery Fund per scongiurare una riforma della scuola fondata sulla didattica digitale a distanza, e di conseguenza sulla disuguaglianza e sull’abbandono scolastico, e aprire la strada alla riforma della scuola che noi vogliamo».
Angelo Marcelli, dei Cobas Marche ha sottolineato che la scuola italiana è arrivata «ad un punto di non ritorno». «Dallo scoppio della crisi pandemica – afferma – oggi ci ritroviamo nella stessa situazione di un anno fa: i problemi strutturali che denunciamo da anni non vengono minimamente affrontati e si è alla continua ricerca di soluzioni tampone che però non funzionano e che periodicamente ci costringono a questa altalena infinita di chiusure e riaperture».
Il referente dei Cobas ha rimarcato che i lavoratori lamentano che «se si vuole tornare a scuola in condizioni di sicurezza è necessario ridurre il numero degli alunni per classe che, se per legge deve essere fissato intorno ai 27 studenti, ci sono classi anche con 31 – 32 studenti, per questo chiediamo di fissare il numero massimo di studenti a 20 alunni e 15 se ci sono disabili. Serve però un piano di assunzioni che stabilizzi il personale precario».
Alla manifestazione c’erano anche i Centri Sociali delle Marche che domani scenderanno nuovamente in piazza per protestare contro la gestione sanitaria dell’emergenza. «Durante questa pandemia stanno emergendo tutti i problemi strutturali del sistema, la scuola è uno di questi – afferma Riccardo Rotini, dei Centri Sociali – . Per domani abbiamo organizzato una mobilitazione per la sanità: vogliono farci credere che questo non è il tempo per scendere in piazza, invece riteniamo che sia proprio questo il momento per agire, nonostante le limitazioni imposte dalla pandemia. È tempo di prendere voce, perché stanno venendo fuori i tanti problemi legati alla scuola, alla sanità e al mondo del reddito. La gestione sanitaria della Regione la stiamo denunciando da vari mesi, siamo andati davanti alla Pfizer e all’ospedale di Torrette».
I Centri Sociali contestano «l’incremento dei finanziamenti erogato dalla Giunta alle strutture sanitarie private, una cosa inaccettabile, specie in un periodo come questo. Domani ci faremo sentire, sarà solo un primo passo verso future mobilitazioni».
Momenti di tensione si sono registrati nel corso della manifestazione, quando una mamma si è presentata in piazza senza mascherina. Membri del Comitato Priorità alla Scuola le hanno offerto una protezione facciale da indossare, ma la donna sosteneva che all’aperto la mascherina non vada indossata. I poliziotti della Questura di Ancona sono intervenuti.