Il 40% delle donne vittime di violenza prima di iniziare un percorso di uscita dalla spirale dei maltrattamenti prendendo contatti con i centri antiviolenza ha chiesto aiuto ai parenti, il 30% alla polizia. La fotografia, che non differenze territoriali significative, è stata scattata dal focus Istat su ‘Il sistema della protezione per le donne vittime di violenza‘ relativo agli anni 2021 e 2022.
Ad intercettare le vittime di violenza sono spesso anche i pronto soccorso e gli ospedali (19,3%). Rispetto alle altre regioni nelle Marche è significativa la quota di donne che si rivolge a figure professionali, come gli avvocati e gli psicologi per uscire dalla violenza: il dato nelle Marche si attesta al 29%, mentre a livello nazionale si ferma al 12%.
Forze dell’ordine e servizi sociali e sanitari, sono i canali che svolgono un ruolo importante nell’orientare le donne verso i centri antiviolenza. Il 26,8% delle donne in Italia si rivolge ai Cav autonomamente, il 17,5% grazie all’aiuto di parenti e amici, mentre il 32,7% viene indirizzato da forze dell’ordine, servizi sociali e presidi della salute.
Il ricorso ai servizi specializzati, come i centri antiviolenza e ai professionisti come avvocati e psicologi è più frequente nelle donne italiane con un diploma o una laurea, economicamente autonome, e generalmente più grandi di età. Il mondo della scuola, i consultori, il medico di medicina generale o il pediatra e le istituzioni religiose, intercettano invece soltanto una quota residuale di donne vittime di violenza, ma hanno comunque un ruolo importante nel veicolare il più possibile le informazioni ai servizi specializzati del territorio in cui si trovano.
I dati fotografati dall’Istat «sono in linea con quelli del Centro Antiviolenza della provincia di Ancona» dice Roberta Montenovo avvocato dell’associazione Donne e Giustizia di Ancona. I numeri dei centri antiviolenza gestiti da Donne e Giustizia sono costanti. Al 10 agosto, le nuove donne accolte dal Cav da inizio anno sono state 95. Alla stessa data nel 2022 erano 89, mentre a fine anno 139, nel 2021 erano 78 e a fine anno 135.
L’associazione sottolinea l’importanza delle reti territoriali «alla cui costruzione e potenziamento Donne e Giustizia ha sempre prestato una fattiva e convinta collaborazione. La rete, infatti, è lo strumento che più di ogni altro sostiene e rafforza le donne oltre ad agevolare il percorso di uscita dalla violenza. Parallelamente al lavoro di rete e di fondamentale importanza il lavoro di prevenzione, con l’impegno dei centri antiviolenza, come anche Donne e Giustizia, nelle attività di sensibilizzazione destinate soprattutto ai giovani e svolte nelle scuole».
Rispetto al dato della prima richiesta di aiuto delle donne vittime di violenza, prima ancora di rivolgersi ai centri antiviolenza, che nelle Marche più che nelle altre regioni vede un’alta percentuale di contatti con avvocati psicologi, «trovo questo è un segnale di forza e consapevolezza da parte delle donne ma forse anche il desiderio di riservatezza. Riservatezza che è un principio metodologico dei centri antiviolenza. Anche per questo Donne e Giustizia da qualche anno ha deciso di aprire delle sedi e sportelli distaccati del centro antiviolenza in zone decentrate per raggiungere il maggior numero di donne che potrebbero avere difficoltà a spostarsi su Ancona».
«Va detto comunque – aggiunge – che poi l’invio al centro antiviolenza è abbastanza frequente oltre che dai professionisti, con i quali evidentemente c’è una buona comunicazione a partire dagli ordini professionali, sia dalle Forze dell’ordine che dai servizi sociali».