Ancona-Osimo

«Non chiediamo aiuti, vogliamo lavorare» le donne della pesca contro il caro gasolio: «Equiparare prezzo carburante»

Erano una venticinquina questa mattina davanti al mercato ittico, al porto di Ancona, per protestare contro il caro gasolio che rischia di far finire sul lastrico intere famiglie

La protesta delle donne della pesca di Ancona davanti al mercato ittico

ANCONA – Sono arrabbiate e preoccupate le donne del mondo della pesca che oggi ad Ancona sono scese in campo in appoggio allo sciopero contro il caro carburante giunto alla seconda settimana. Mogli, madri, figlie, nipoti di pescatori e imprenditrici, le donne del mondo della pesca rappresentano una categoria che rimano pressoché invisibile, ma non per questo meno importante, anzi, sono il “tessuto” portante dell’economia del mare.

Donne che si alzano all’una di notte e vanno a lavorare, tirano avanti le famiglie e ora, con i rincari del gasolio vedono il loro mondo e le loro famiglie a rischio. Le imprese della pesca sono infatti soprattutto familiari ed è su queste attività che si sorreggono interi nuclei.

Per questo oggi, una venticinquina di loro, si sono ritrovate al mercato ittico, ad Ancona, per esprimere tutta la loro rabbia e preoccupazione perché «la situazione è tragica, in quanto non abbiamo più margine di guadagno» spiega Annalisa Giordano, una delle donne della pesca, che insieme ad una rappresentanza di armatori e pescatori sarà ricevuta dalla sindaca di Ancona Valeria Mancinelli, «non possiamo andare in mare a lavorare con i costi che superano i guadagni».

Annalisa Giordano

«L’unica richiesta che facciamo – aggiunge – è quella di riuscire ad equiparare il prezzo del gasolio» a livello europeo «visto abbiamo tutti i doveri che ci pone la comunità europea, altrettanto dobbiamo avere lo stesso prezzo di carburante, uguale per tutti».

Prezzo che secondo le donne della pesca «si dovrebbe aggirare tra 0,50-0,70 centesimi, non di più, prezzo che stanno pagando gli altri paesi. Non riusciamo a capire questa speculazione sul prezzo del carburante italiano». «Di solito siamo la parte silente di questo mondo – aggiunge – ma strettamente legate e collegate al lavoro degli uomini in mare: ci occupiamo sia della commercializzazione del pescato che della parte contabile della impresa di pesca». «La maggior parte delle famiglie si reggono soltanto su questo tipo di lavoro, non hanno altre entrate e non riescono veramente a fare la spesa».

Milena Luciani

«Non chiediamo aiuti e carità» spiega Milena Luciani, moglie di uno dei pescatori in sciopero da due settimane «noi non chiediamo il reddito di cittadinanza, chiediamo solo di poter continuare a lavorare: in Francia i pescherecci stanno pagando il gasolio 70 centesimi, noi 1,20 euro, non è normale, ci stanno affossando, ci stanno uccidendo. Siamo arrabbiate come lavoratrici, come mogli di pescatori, come imprenditrici e come cittadine».

Le donne della pesca ricordano «nel 2008 c’eravamo fermati perché pagavamo il gasolio 80 centesimi, un anno fa lo pagavamo 50 centesimi, oggi 1,20 euro». «Abbiamo cominciato lo stato di agitazione a marzo, ma siamo rimasti inascoltati e presi in giro», poi l’attacco alle «normative europee che ci bastonano da anni. Non abbiamo neanche la cassa integrazione per i marinai che stanno aspettando l’indennità di fermo pesca del 2021, stiamo anticipando noi. Le imprese si stanno indebitando, qui chiudiamo con i debiti».

Un momento della manifestazione davanti al mercato ittico di Ancona

«Il rischio di chiusura c’è già da anni – osserva – le unità di pesca si sono drasticamente ridotte grazie alla normativa europea che equipara il Mare Adriatico e il Tirreno all’Oceano Atlantico e a mari del Nord dove ci sono le navi fattorie, però sono sostenibili. Noi non siamo sostenibili? Noi ci sosteniamo con le braccia, con le donne, lavoriamo alla notte, lavoriamo a casa, facciamo tutto da soli, non abbiamo mai chiesto niente a nessuno».