ANCONA – Roberto Cardinali, presidente Confindustria Marche, come si sta chiudendo il 2023 per il sistema industriale marchigiano e quali le previsioni per il 2024? «Le Marche, come l’Italia, vivono una fase di rallentamento dell’economia. Nella nostra regione, i primi 9 mesi del 2023 hanno registrato una flessione produttiva industriale del 3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. L’attività commerciale complessiva scende del 4,5%, la contrazione di vendite sul mercato interno è del 5,4% e del 3,5% sull’estero. Le stime più recenti prevedono in Italia una crescita dello 0,7% nel 2023 e dello 0,5 per il prossimo anno, anche le Marche si attestano su bassi livelli di crescita, nell’ordine dello 0,2%. L’inflazione è rientrata, ma i tassi sono ancora alti e l’economia è debole. Il credito caro frena gli investimenti, mentre il mercato del lavoro non spinge i consumi. Ci attende un 2024 complesso, è ormai improprio parlare di crisi, perché abbiamo attraversato anni di criticità a catena, che hanno prodotto uno scenario di turbolenza continua».
Secondo la fotografia scattata dall’ultimo report dell’Istat (Le prospettive per l’economia italiana nel 2023/2024) il PIL Italiano è atteso in crescita dello 0,7% sia nel 2023 sia nel 2024, in rallentamento rispetto al 2022. Attesi in netto rallentamento anche gli investimenti rispetto al biennio precedente (+0,6% in entrambi gli anni). Quali sono i bisogni che arrivano dall’industria marchigiana, quali le priorità e le sfide su cui lavorare? «Serve rafforzare il sostegno agli investimenti delle imprese, soprattutto nei filoni più strategici come innovazione e ricerca, digitalizzazione, sostenibilità. La revisione del PNRR, ad esempio con il Piano Industria 5.0, i bandi del Next Appennino per le zone del sisma, i bandi regionali della programmazione comunitaria 21-27, possono spingere gli investimenti e la crescita. La domanda delle imprese ai vari bandi del 2023 è stata molto alta, penso a quello ricerca e sviluppo, con progetti per oltre 110 milioni rispetto ad una dotazione di 45. Tale progettualità andrebbe coperta con risorse adeguate. Resta prioritario, su questo punto sono concordi istituzioni ed associazioni di categoria, potenziare le infrastrutture viarie, ferroviarie e telematiche, nonché la piastra logistica regionale (Porto di Ancona, Aeroporto ed Interporto). Dobbiamo collegare le Marche al resto del mondo. Fondamentali la terza corsia autostradale e l’alta velocità ferroviaria».
L’altro «nodo» evidenziato dal presidente degli industriali marchigiani, è quello di «accelerare la ricostruzione delle zone colpite dal sisma. Da non trascurare la gestione preventiva del territorio dal rischio idrogeologico: in questo senso Confindustria Marche ha avanzato alla Protezione Civile ed alla Regione due progetti sperimentali di collaborazione pubblico-privato nella logica della prevenzione. L’Europa ci invita ad affrontare sfide decisive come i piani di gestione dei rifiuti e dell’energia. Nell’ottica di uno sviluppo sostenibile».
Dal 1 gennaio parte la ZES unica che coinvolge l’Abruzzo, ma non le Marche, con il Porto di Ancona quale scalo di riferimento. Un’occasione persa per le Marche? Come pensa potranno reagire le aziende marchigiane dei settori moda, pelletteria, e in parte anche dell’automotive, alla concorrenza delle aziende abruzzesi che potranno godere di un fisco più leggero? «Ad oggi la ZES è un’occasione persa ed il rischio è che l’Abruzzo sia più attrattivo, sia per le nuove imprese che per quelle esistenti, con conseguenze soprattutto per le aziende al confine con una regione che potrà godere di agevolazioni. Servono tutte le misure, nazionali e regionali, per attenuare i potenziali effetti negativi. Tuttavia, i recenti investimenti nelle Marche di grandi gruppi del settore moda evidenzia che la nostra sia ancora una regione dove l’elevata qualità del tessuto produttivo favorisce l’arrivo di realtà di respiro internazionale. Certo, vanno migliorate le condizioni di contesto, ma c’è ancora la capacità di attrarre investitori di altissimo profilo. Bisogna puntare al rilancio degli investimenti e alla crescita delle imprese manifatturiere e diventare sempre più attrattivi per talenti ed imprese, obiettivo che più volte abbiamo rappresentato alla Regione»
Il sistema manifatturiero è da sempre la colonna portante dell’economia marchigiana, continuerà a conservare la sua vivacità? Quali i settori più promettenti? «Le Marche sono ancora una delle regioni a più alta intensità manifatturiera in Italia, da qui si riparte. Il sistema resta vitale, con alcune imprese leader sul mercato interno ed internazionale. Le sfide sono sempre più impegnative, ma le aziende dimostrano resilienza e vivacità in un quadro incerto e fluttuante. Le realtà impegnate in percorsi di innovazione, ricerca, digitalizzazione, internazionalizzazione, sostenibilità avranno sempre più prospettive di crescita».
Il PNRR declinato nelle Marche sta realizzando diversi progetti, ma non le grandi opere infrastrutturali che servivano. Perché? E’ una occasione persa? «Abbiamo bisogno che il PNRR esplichi tutte le sue potenzialità, realizzando per intero le opere approvate dalla Commissione Europea. Alcune grandi infrastrutture sono necessarie non solo per le Marche, ma per tutto il Paese. Occorrono ulteriori stanziamenti pluriennali: auspichiamo pertanto risorse certe per progettazione e realizzazione di alcune priorità, a partire dal nuovo tracciato della ferrovia Adriatica e dal completamento della terza corsia autostradale, fino ad altre storiche infrastrutture avviate, ma ancora in corso di realizzazione. Ne va del futuro delle nostre comunità e delle imprese».