ANCONA – «Il 2023? In Italia l’inflazione è prevista tra il 7 e il 9 % e il Pil tra -0,2 e 0%: se va bene rimaniamo ai livelli del 2021, se invece va male si scenderà ancora: molto dipenderà dalla guerra e dal prezzo dell’energia». A delineare quelli che potranno essere gli scenari del nuovo anno è l’economista Mauro Gallegati, docente di Economia all’Università Politecnica delle Marche, allievo di Giorgio Fuà ed Hyman Minsky, oltre che visiting professor in diverse università, tra le quali Stanford, Mit e Columbia.
«Con il ‘price cap’ il prezzo dell’energia sta calando – prosegue -, mentre il prezzo della benzina alla pompa è tornato a crescere e quando anche il costo al barile scende, le compagnie petrolifere aspettano prima di ridurre il prezzo del carburante per continuare a guadagnare». Oltre al tema del caro energia e del caro carburante, il professor Gallegati pone l’accento sui settori economici maggiormente in crisi.
In un simile quadro congiunturale «si pensa che le Marche potranno andare un po’ peggio della media italiana. I settori in cui la regione era tradizionalmente forte, come moda e calzature, stanno andando male, invece potrebbero vedere una crescita quelle imprese specializzate in nuovi prodotti, come la tecnologia avanzata, anche se sono ancora troppo poche».
Tra i settori che potrebbero registrare una crescita l’economista annovera anche l‘agricoltura di qualità, come quella biologica, anche se «si tratta ancora di nicchie di mercato e non so quanto potranno riuscire a tenerci a galla». Per Gallegati in ogni caso la parola chiave è sostenibilità, è questa soprattutto che potrà trainare una crescita economica.
«Il Pil, secondo le previsioni, continuerà a diminuire più della media italiana – spiega – sarà un anno abbastanza duro». In crescita povertà e disuguaglianze sociali. «I poveri sono aumentati di numero ed è cresciuta la distanza sociale tra loro ed i ricchi. Le politiche del governo non sembrano andare in direzione di un sostegno a queste fasce della popolazione. Con la stretta sul reddito di cittadinanza sta passando un messaggio di colpevolizzazione delle persone che non riescono a trovare lavoro, una ‘modalità’ che si era diffusa due secoli fa in Inghilterra, smentita dai fatti, e che oggi sembra essere tornata in ‘auge’».
Secondo l’economista il problema del mondo del lavoro è che in alcuni casi l’occupazione non è di qualità, «è precaria e a volte i lavoratori non sono pagati adeguatamente: tra gli immigrati ci sono anche persone che sanno fare i pizzaioli, ma vengono pagati poco, per cui preferiscono andare all’estero».
Per il professor Gallegati serve una «nuova politica di redistribuzione dei redditi per far pagare le tasse a tutti, non solo ai piccoli imprenditori, agli autonomi, ma anche alle grandi imprese e cercare di favorire i nuovi prodotti e le imprese che si specializzano nelle nicchie di mercato, specie se tecnologiche. Tra i settori che potranno andare meglio – conclude – ci sono anche il restauro, l’evoluzione sostenibile, il recupero delle spiagge, la pulizia dei mari».