Ancona-Osimo

Economia, Gallegati: «Marche guardino a nuovi prodotti, a economia verde e blu»

Il protrarsi dei conflitti e il rischio di politiche protezionistiche da parte del governo americano, creano incertezze nell'economia europea

Marcelli di Numana (immagine scattata il 5 luglio 2024)

ANCONA – Le profonde trasformazioni nel settore industriale, il protrarsi della guerra in Ucraina e della crisi in Medio Oriente, insieme rischio di politiche protezionistiche da parte del governo americano, gettano ombre sul futuro dell’economia europea. A tracciare il quadro è stato il Commissario all’economia Paolo Gentiloni in occasione della presentazione delle previsioni economiche autunnali della Commissione Europea. Il rischio di un peggioramento secondo Gentiloni proverrebbe anche dalle catastrofi ambientali e dai ritardi nell’attuazione dei piani nazionali di ripresa e resilienza.

L’economia europea riparte ma è lenta. «Non sono così sicuro che riparta – spiega l’economista dell’Univpm Mauro Gallegati – occorre cambiare il tipo di politica industriale: bisogna abbandonare la produzione dei vecchi prodotti, come ad esempio scarpe e mobili, mentre la moda ad alto livello può ancora andare per un po’». Secondo l’esperto bisogna «accelerare sulla transizione ecologica, che con Trump e i dazi subirà una frenata. L’Italia, secondo le previsioni, andrà ancora più lenta della media europea, perché si guarda ancora ai vecchi prodotti e ci sono poche start up».

Di cosa c’è bisogno? «Di prodotti ad alto contenuto tecnologico, prodotti che rientrano nell’ambito della transizione ecologica – spiega – e nel recupero della biodiversità che abbiamo perduto e che stiamo perdendo, come propone il gruppo del biologo ed ecologo Roberto Danovaro (dell’Univp,. ndr), tecnologie applicate anche al mare, che impatterebbero di meno nell’ambiente». Per Gallegati occorre puntare sull’economia blu, sull’eolico in mare, sul recupero della flora e della fauna nei fondali marini del Mediterraneo, prestando anche attenzione alle specie aliene, come ad esempio il granchio blu.

Per quanto riguarda le crisi industriali aperte, come quella del fabrianese «bisognerebbe passare da un distretto del bianco ad un distretto verde» che quindi non punta più sull’elettrodomestico, ma sulla transizione green. «Bisogna puntare sulle costruzioni green, che non spercano energia – dice – poi sui trasporti meno impattanti, anche via treno e non solo attraverso le automobili». In tal senso l’economista evidenzia come l’idrogeno, piuttosto che l’elettrico, possa rappresentare la soluzione «più semplice e una volta standardizzato meno costosa».

«Anche l’agricoltura può dare un contributo importante – conclude – gli allevamenti sono molto inquinanti, bisognerebbe riconvertirli nella produzione di proteine vegetali, incluse le alghe, molto ricche di nutrienti e poco inquinanti».