ANCONA – «Il caso “Antonio”? È una questione che deve essere affrontata dal Parlamento». Così l’assessore alla Sanità della Regione Marche Filippo Saltamartini intervenendo sulla vicenda del tetraplegico marchigiano immobilizzato da otto anni, che dopo “Mario” ha chiesto di accedere al suicidio medicalmente assistito in Italia.
Proprio oggi la notizia dell’ordinanza di fine gennaio dei giudici marchigiani con cui hanno ordinato all’Asur Marche di procedere verificare le condizioni per l’accesso all’eutanasia di “Antonio”, come sancito dalla sentenza della Corte costituzionale del 2019.
Due vicende, molto simili, quella di “Mario” ed “Antonio”, entrambi tetraplegici, entrambi assistiti dall’associazione Luca Coscioni, per vincere la loro battaglia: quella di porre fine ad anni di sofferenze, accedendo all’eutanasia nel loro Paese. Se il caso “Mario” al momento è arenato sul farmaco da utilizzare, dopo il parere del Comitato Etico dell’Asur, la vicenda di “Antonio” ha ottenuto ora l’ordinanza del Tribunale.
«Un tema molto delicato» ha ricordato Saltamartini, spiegando che al momento «non c’è una legge» e ponendo dunque la necessità di un intervento del Parlamento. «La sentenza della Corte Costituzionale depenalizza» chi aiuta il malato con il farmaco venefico, ha detto, «deve esserci qualcuno che somministra la sostanza».
«Al massimo in questo percorso la farmaceutica ospedaliera potrebbe fornire all’aiutante al suicidio la sostanza venefica» ha concluso, ma «non possiamo obbligare un medico a farlo».