ANCONA – «Il caso “Mario”? È la sconfitta di tutti noi, prima di tutto dei medici, ma in realtà di tutta la società che probabilmente non ha saputo accompagnarlo adeguatamente in questo suo lunghissimo calvario». Lo ha detto il direttore della Medicina Legale dell’Area Vasta 1-Asur Marche Paolo Marchionni, vicepresidente Scienza e Vita.
Una riflessione, quella del medico, posta sul tavolo del video incontro dal titolo “Eutanasia e suicidio assistito: tra ideologia e realtà” promosso dal Popolo della Famiglia Marche. La vicenda del tetraplegico marchigiano, rimasto invalido più di 10 anni fa in conseguenza ad un incidente, è stata affrontata nel corso del dibattito. “Mario” aveva chiesto più di un anno fa di accedere al suicidio medicalmente assistito, sulla scorta della sentenza Cappato-Antoniani della Corte Costituzionale.
Appoggiato dall’Associazione Luca Coscioni, aveva iniziato una battaglia legale per porre fine alle sue sofferenze, arrivando a diffidare più volte Asur Marche ed a scrivere al premier Draghi per accendere i riflettori sulla sua situazione. Sul caso si è acceso anche lo scontro politico, che vede da un lato Pd e Movimento 5 Stelle schierati al fianco dell’uomo, e il centrodestra tirare il freno a mano, specie dopo il parere del Comitato Etico dell’Asur.
Al dibattito promosso dal Popolo della Famiglia, ha preso parte anche il leader nazionale del movimento politico Mario Adinolfi, insieme a Carmelo Leotta, avvocato, docente di diritto penale del Centro Studi Livatino, Paolo Marchionni, medico e direttore della Medicina Legale Area Vasta 1 dell’Asur Marche, nonché vicepresidente Scienza e Vita, Cristiana Di Stefano, dirigente Popolo della Famiglia Macerata. Ad introdurre i lavori, Fabio Sebastianelli, coordinatore regionale del Popolo della Famiglia..
Adinolfi toccando il tema al centro della riflessione, ha affermato che «la battaglia decisiva degli Anni Venti sarà la difesa del corpo dall’ingerenza dello Stato: dal concepimento, che necessita difesa dei diritti del nascituro da chi vuole affermare un diritto della legge statale a sopprimerlo, fino alle varie fragilità dei vari tempi dell’esistenza che mai e poi mai possono portare lo Stato a sopprimere un disabile grave, un anziano, un malato, un depresso. La sofferenza è una richiesta di ulteriore solidarietà alla collettività, non un’occasione per scorciatoie mortifere».
L’avvocato Carmelo Leotta, nel merito degli aspetti legali di eutanasia e suicidio assistito ha spiegato che «il quesito per l’abrogazione parziale dell’art. 579 del codice penale che punisce l’omicidio del consenziente è inammissibile. L’abrogazione – spiega – comporterebbe infatti una violazione dello standard di tutela minima della vita dell’aspirante suicida come prescritto dalla stessa Corte costituzionale nella sentenza n.242/2019 (caso Cappato). Inoltre, gli effetti di abrogazione parziale dell’art. 579 codice penale sarebbero esorbitanti rispetto alla legalizzazione dell’eutanasia perché renderebbe leciti comportamenti senza alcuna procedura di formazione e manifestazione della richiesta di morte del paziente».
Paolo Marchionni, entrando nel merito della vicenda di “Mario” ha detto «quella che è stata presentata dalla grande stampa come una vittoria di “Mario” (“Mario ha vinto la sua battaglia”), in realtà è la sconfitta di tutti noi, prima di tutto dei medici, ma in realtà di tutta la società che probabilmente non ha saputo accompagnare adeguatamente Mario in questo suo lunghissimo calvario”.
«Non si tratta di negare diritti o di evitare di garantire libertà – ha aggiunto – , ma qui si sta operando una rivoluzione copernicana al paradigma della cura: si pone un limite alla possibilità di curare e di essere curati limite che viene giudicato tale non sulla base di elementi oggettivi di tipo sanitario ma legati alla individuale percezione. E dunque, stante – come si legge nel documento del Comitato Etico che si è occupato del caso – “l’indisponibilità del soggetto ad accedere ad una terapia antidolorifica integrativa”, non c’è nessuno spazio per una terapia del dolore adeguata al caso?». Secondo il medico «ci stiamo avviando al contrario, ed anzi ci siamo già avviati, verso una cultura dell’individualismo, che non valorizza le relazioni ma di fatto lascia solo il soggetto nelle sue scelte estreme».
Cristiana Di Stefano, che ha portato la sua esperienza di disabile grave, ha auspicato «che prevarrà quel buon senso che condurrà, chi di dovere, a formulare leggi per l’aumento della qualità della vita di tutti i cittadini italiani gravemente sofferenti, di cui giornalmente viene messo a dura prova l’istinto di sopravvivenza, non esclusivamente e necessariamente solo di malati e disabili», mentre per Fabio Sebastianelli «eutanasia e suicidio assistito sono argomenti attuali che, purtroppo, spesso vengono affrontati in maniera ideologica o di pancia. Abbiamo voluto fortemente questo incontro per trattarli in modo concreto, sotto vari aspetti: giuridico, medico e politico, in modo da fornire a tutti, ferma restando la posizione netta e chiara del PDF, degli spunti chiari e incontrovertibili su cui riflettere».