ANCONA – Dopo il caso “Mario” il Tribunale di Ancona ha ordinato ad Asur Marche di verificare le condizioni per accedere al suicidio medicalmente assistito anche per “Antonio”. Un nome ancora una volta fittizio ma che nasconde l’identità di un’altra persona, un tetraplegico marchigiano che aveva presentato la stessa richiesta in linea con quanto sancito dalla Corte Costituzionale. Ne dà notizia l’associazione Luca Coscioni che sta seguendo entrambi i casi.
«Nel giro di 7 mesi arriva la seconda conferma – scrive l’associazione Coscioni – dopo l’ordinanza del Tribunale di Ancona sul caso di Mario, che il diritto, in presenza di una richiesta, ad essere sottoposto a verifiche per poter procedere legalmente all’aiuto al suicidio assistito, così come sancito dalla Corte Costituzionale non può essere ignorato dalle aziende sanitarie. Queste sono infatti obbligate ad accertare le condizioni necessarie per l’accesso alla pratica. Sull’obbligo del Servizio Sanitario nazionale e regionale ad effettuare tali adempimenti al fine di rispettare la Sentenza 242/19 della Corte costituzionale anche il Ministero della Salute lo scorso 9 novembre ha inviato una comunicazione alle Regioni».
A seguire i due casi “Mario” e “Antonio” entrambi nomi di fantasia, è il collegio legale dell’Associazione Coscioni, composto dagli avvocati: Filomena Gallo, Massimo Clara, Angelo Calandrini, Giordano Gagliardini, Francesca Re, Franco Di Paola, Rocco Berardo, Cinzia Ammirati.
Con una ordinanza a fine gennaio, i giudici marchigiani hanno ordinato ad Asur Marche di procedere con la verifica delle condizioni di Antonio, malato tetraplegico da 8 anni, per l’accesso all’aiuto al suicidio assistito. Nel dettaglio il Tribunale, come fatto anche per “Mario” ha ordinato l’acquisizione del parere del Comitato etico territorialmente competente, ad accertare se Antonio è tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che egli reputa intollerabili. E ancora se sia pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, se le modalità, la metodica e farmaco prescelti siano idonei a garantirgli la morte più rapida, indolore e dignitosa possibile.
«Secondo l’ordinanza – spiega l’avvocata Filomena Gallo, segretario dell’associazione Luca Coscioni e codifensore di “Antonio! – diversamente opinando, si arriverebbe ad una abrogazione tacita della pronuncia della corte Costituzionale e al mantenimento dello status quo ante rispetto alla pronuncia. Abrogazione che per legge non è possibile perché una sentenza della Corte Costituzionale non può essere riformata o cancellata dal Parlamento o da un Tribunale ordinario. Anche in questo caso i Tribunali affermano il diritto della persona malata ad ottenere le verifiche necessarie così come previsto dal giudicato costituzionale per poter procedere legalmente in Italia con auto-somministrazione del farmaco letale. Il diniego opposto dall’Asur, alla luce della consulta e delle motivazioni contenute nella decisione del Giudice ordinario, risulta illegittimo».
Nell’ordinanza del giudice, prosegue il legale, «la sentenza di incostituzionalità sul caso Cappato-Antoniani non si è limitata a dichiarare una condizione di non punibilità e i suoi requisiti, come sostenuto dalla difesa dell’Asur, ma ha altresì dettato dei presupposti procedurali (accertamento della struttura sanitaria pubblica e parere del comitato etico) che sono imprescindibili ai fini della non punibilità. Si tratta di procedure che coinvolgono soggetti terzi, rispetto a colui che vuole porre fine alla propria vita e da colui che verrebbe incriminato di aiuto al suicidio, che devono essere necessariamente coinvolti in un’ottica di tutela del soggetto debole. Ne consegue che tale sentenza non può che avere risvolti sotto il profilo civilistico e in particolare delle prestazione che il cittadino-paziente ha diritto di richiedere al sistema sanitario nazionale e ai suoi attori-organi».
«L’ordinanza – conclude – rigetta dunque tutte le contestazioni formulate dall’Asur Marche che continua ad opporsi alla decisione della Corte costituzionale, sminuendone o addirittura cercando di annullarne la portata normativa. Il reiterato ostruzionismo dell’azienda sanitaria sta comportando una continua negazione di diritti costituzionali ma soprattutto il prolungarsi delle sofferenze dei malati. Auspichiamo che a fronte della conferma degli obblighi del SSN derivanti dall’affermazione del diritto ad accedere alla morte assistita sancito dalla Corte costituzionale, l’Asur Marche collabori al rispetto della legalità anziché continuare a negarla».