Ancona-Osimo

Fuga di cervelli, Gallegati (Univpm): «Non solo laureati. Disoccupazione giovanile tre volte quella degli anziani»

Secondo l'esperto ad emigrare non sono solo laureati, ma anche diplomati e non diplomati in cerca di occasioni lavorative meno precarie e meglio pagate

ANCONA – «Non c’è solo una fuga di cervelli: ad andarsene dall’Italia non sono solo i giovani laureati, ma anche i diplomati e i non diplomati». Ad affrontare il tema è l’economista Mauro Gallegati. I giovani fuggono dal nostro Paese «perché la disoccupazione è attorno al 20%, tre volte di più di quella delle persone più anziane». Perché? I giovani, dice, «sono soggetti a lavori precari e meno pagati – prosegue -, il lavoro offerto è di bassa qualità e l’Italia non è un Paese all’avanguardia per tecnologia e ricerca».

Una questione più che mai attuale quella dell’emigrazione giovanile in altri Paesi, specie con l’invecchiamento della popolazione che affligge l’Italia e l’inverno demografico in atto, che rischiano di sottrarre forza lavoro giovane da qui al prossimo ventennio. L’altro aspetto messo in evidenza è che l’Italia investe molto per la formazione dei giovani che poi se ne vanno altrove.

«Li prepariamo formandoli, ma poi se ne vanno all’estero dove trovano subito lavoro – spiega – i ragazzi che emigrano negli Sati Uniti, in Europa e in Australia, sono tutti ben ‘piazzati’. L’Italia non è più un Paese per giovani e le Marche sono anche peggio della media delle altre regioni, perché scelgono anche di andare a studiare in altre regioni, dal momento che alcune tipologie di lavoro sono presenti solo in aree come Milano o Torino».

Ma qual è l’identikit dei cervelli in fuga? Sono soprattutto laureati in Medicina e in Economia Aziendale dice Gallegati, in misura minore i laureati in Ingegneria. Una perdita importante per il Paese, perché si tratta di ‘talenti’ che vanno a contribuire alle economie di altri Paesi. Per contrastare questa fuga «servono politiche che favoriscano l’occupazione giovanile».

Secondo l’economista però le università non hanno al momento la forza di contribuire ad arrestare questa fuga, «specie ora che sono sottoposte a tagli che mettono a rischio tanti servizi. I giovani dovrebbero non pagare le tasse universitarie e lo Stato dovrebbe garantire maggiori trasferimenti di risorse. Ad un giovane che pensa di trasferirsi all’estero – conclude – direi di ripensarci e di impegnarsi per cambiare il Paese».